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Radio Voce della Speranza

Lo Zefiro

Notiziario Interreligioso
Redazione: Marco Lazzeri
Telefono: 335.6415395
Pagina:
24/09/2016: Anno 2016 - Numero 24  File Pdf
Pubblicato il 23/09/2016
L’inchino.
L’inchino.
Care amiche e cari amici, questo mondo non è oscuro, basta osservare dalla finestra e ti racconta tutto di sé, di come è diventato. Ogni momento c’è un fatto su cui riflettere, su cui domandarsi. E’ una catena continua… Questa estate, tra mille accadimenti, abbiamo visto gli inchini delle processioni davanti alle case dei mafiosi. Che la mafia abbia bisogno di simboli è da sempre vero e il mafioso ha bisogno di segnali di genuflessione e rispetto inerme e inchinato per rimarcare la sua fastosità, un bisogno di supremazia assoluta, di potere indiscusso. Da parte di tutti, anche della chiesa, anche di Dio. Un dio piegato che così diventa di cartapesta, ingessato in una icona colorata di fresco e senza sostanza, senza trascendenza la visione del Mistero si dissolve, non più “vero Dio e vero uomo” ma supporto ad un lusso rubato con sangue innocente e marionetta inanimata per un presepe dove il posto dei pastori lo hanno preso gli assassini. Il boss. Niente altro dopo di me, niente oltre me. Il Re Sole. La pretesa della negazione di tutto ciò che non sono io. Un apoteosi, una malattia di deificazione. Grave. Si è perso il senso della misura o della decenza? La chiesa pur indulgente con tanti suoi membri a questa commistione di potere delinquenziale terreno e terrena gestione delle anime, è imbarazzata sull’onda di una crescente protesta e indignazione, in ambienti di frontiera come “Libera” e molti altri si grida, si pretende una presa di posizione inequivocabile, la fine per questi eccessi o debolezze o connivenze (per dire meglio) che siano. Questo tipo di religione ha fatto il suo tempo oltre che i suoi morti ammazzati. A supporto di mafie e dittature sanguinarie di ogni risma e a ogni latitudine. Alcune chiese si svuotano e templi del cuore si riempiono. Dio è morto. Non ha più credibilità infatti un dio usato come dominio religioso lontano dalla gente, clientelare, mafioso, servo dei potenti. Sono tante adesso le persone che cercano la libertà dello Spirito, credibilità e incontro di una fede vera e sincera, nella fraternità e speranza, e tanti teologi come nuovi profeti cristiani, ma anche islamici, indu, buddisti, Ebrei, bahai e tanti altri si aprono ad una nuova esegesi delle rispettive scritture, a ricerche di incontro nell’amore per l’altro, senza vanità, superbie, avidità, supremazie. Amore, appunto. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e cari amici,

questo mondo non è oscuro, basta osservare dalla finestra e ti racconta tutto di sé, di come è diventato.

Ogni momento c’è un fatto su cui riflettere, su cui domandarsi. E’ una catena continua… Questa estate, tra mille accadimenti, abbiamo visto gli inchini delle processioni davanti alle case dei mafiosi. Che la mafia abbia bisogno di simboli è da sempre vero e il mafioso ha bisogno di segnali di genuflessione e rispetto inerme e inchinato per rimarcare la sua fastosità, un bisogno di supremazia assoluta, di potere indiscusso. Da parte di tutti, anche della chiesa, anche di Dio. Un dio piegato che così diventa di cartapesta, ingessato in una icona colorata di fresco e senza sostanza, senza trascendenza la visione del Mistero si dissolve, non più “vero Dio e vero uomo” ma supporto ad un lusso rubato con sangue innocente e marionetta inanimata per un presepe dove il posto dei pastori lo hanno preso gli assassini. Il boss. Niente altro dopo di me, niente oltre me. Il Re Sole. La pretesa della negazione di tutto ciò che non sono io. Un apoteosi, una malattia di deificazione. Grave. Si è perso il senso della misura o della decenza? La chiesa pur indulgente con tanti suoi membri a questa commistione di potere delinquenziale terreno e terrena gestione delle anime, è imbarazzata sull’onda di una crescente protesta e indignazione, in ambienti di frontiera come “Libera” e molti altri si grida, si pretende una presa di posizione inequivocabile, la fine per questi eccessi o debolezze o connivenze (per dire meglio) che siano.

Questo tipo di religione ha fatto il suo tempo oltre che i suoi morti ammazzati. A supporto di mafie e dittature sanguinarie di ogni risma e a ogni latitudine. Alcune chiese si svuotano e templi del cuore si riempiono. Dio è morto. Non ha più credibilità infatti un dio usato come dominio religioso lontano dalla gente, clientelare, mafioso, servo dei potenti. Sono tante adesso le persone che cercano la libertà dello Spirito, credibilità e incontro di una fede vera e sincera, nella fraternità e speranza, e tanti teologi come nuovi profeti cristiani, ma anche islamici, indu, buddisti, Ebrei, bahai e tanti altri si aprono ad una nuova esegesi delle rispettive scritture, a ricerche di incontro nell’amore per l’altro, senza vanità, superbie, avidità, supremazie.

Amore, appunto.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
L’inchino.
"Quest'unico mondo ha bisogno di un unico ethos fondamentale; quest'unica società mondiale non ha cer-tamente bisogno di un'unica religione e di un'unica ideologia, ha però bisogno di alcuni valori, norme, ideali e fini vincolanti e unificanti”." (Hans Küng, "Progetto per un'etica mondiale")
17/09/2016: Anno 2016 - Numero 23  File Pdf
Pubblicato il 16/09/2016
Graffiti.
Graffiti.
Care amiche e cari amici, quando ho visto questa scritta, ho pensato a uno di quegli errori di ortografia che alle volte si vedono in certi graffiti sui muri. Poi ho guardato meglio e ho realizzato: è davvero una scritta geniale! Oltre al doppio senso di “loro” e “oro” e il rimando al famoso proverbio, che è già bello di per sé, quello che mi affascina è il senso nascosto che esprime tristezza, rassegnazione e rabbia insieme, consapevolezza, visione del limite e dell’inutile. Mi viene alla mente la ormai nota percentuale dell’1% della popolazione mondiale che possiede quanto il rimanente 99% delle persone nel mondo. Quest’accumulo smodato e avido è stato realizzato guarda caso negli ultimi decenni di liberismo senza controllo e in una competizione furibonda tra i super ricchi, infatti, solo pochi anni fa erano il 7% e non l’1%. Un avere che in fondo è senza un senso ultimo, solo antidoto inefficace contro paure inconsce, che riflette un luccichio, anche sfavillante, che non riesce a diventare valore vero perché infettato di egoismo, sottratto con mezzi dubbi, tutto orientato all’avere contro gli altri, solo per sé. Accaparramento da re Mida che poi muore di fame perché tutto ciò che tocca diventa oro, adesso denaro. E il denaro non si mangia, come ricordavano i nativi americani quando vedevano i coloni distruggere la natura per far soldi. Quello sarà il confine di chi si appropria del non suo, di chi prende agli altri per avere in modo esclusivo, elitario e separato. Se questi signori del mondo, con le loro ricchezze e la loro potenza spocchiosa, si propongono come la classe dirigente che sarà di guida e di riferimento per il pianeta, io penso che il loro fallimento sarà grande; chi pensa solo a sé non può guidare un bel niente, nemmeno se stesso. Io non conosco come sarà il futuro, e non sono certo in grado di prevedere se il mondo sarà loro o saranno destinati all’estinzione, ma temo che trascineranno nella loro vittoria privata o nella caduta che sia, molte persone e spargeranno molto dolore, guerre e distruzione, perché pur avendo molto potere e mezzi, questo modo di vivere la vita non può portare pace e prosperità diffusa. Non conosceranno mai la serenità del saggio e del giusto, questo sarà loro negato. Non si vince da soli e da soli non ci si salva. Non è così che va la legge cosmica dell’esistenza. Non siamo separati da nulla (ormai lo dice anche la scienza con la meccanica quantistica) e se mi comporto in dispregio degli altri, subirò i contraccolpi. L’egoismo e la superbia sono malattie molto gravi che non lasciano molte speranze di sopravvivenza. Qui la percentuale temo che si riduca a zero. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e cari amici,

quando ho visto questa scritta, ho pensato a uno di quegli errori di ortografia che alle volte si vedono in certi graffiti sui muri. Poi ho guardato meglio e ho realizzato: è davvero una scritta geniale! Oltre al doppio senso di “loro” e “oro” e il rimando al famoso proverbio, che è già bello di per sé, quello che mi affascina è il senso nascosto che esprime tristezza, rassegnazione e rabbia insieme, consapevolezza, visione del limite e dell’inutile. Mi viene alla mente la ormai nota percentuale dell’1% della popolazione mondiale che possiede quanto il rimanente 99% delle persone nel mondo. Quest’accumulo smodato e avido è stato realizzato guarda caso negli ultimi decenni di liberismo senza controllo e in una competizione furibonda tra i super ricchi, infatti, solo pochi anni fa erano il 7% e non l’1%. Un avere che in fondo è senza un senso ultimo, solo antidoto inefficace contro paure inconsce, che riflette un luccichio, anche sfavillante, che non riesce a diventare valore vero perché infettato di egoismo, sottratto con mezzi dubbi, tutto orientato all’avere contro gli altri, solo per sé. Accaparramento da re Mida che poi muore di fame perché tutto ciò che tocca diventa oro, adesso denaro. E il denaro non si mangia, come ricordavano i nativi americani quando vedevano i coloni distruggere la natura per far soldi. Quello sarà il confine di chi si appropria del non suo, di chi prende agli altri per avere in modo esclusivo, elitario e separato. Se questi signori del mondo, con le loro ricchezze e la loro potenza spocchiosa, si propongono come la classe dirigente che sarà di guida e di riferimento per il pianeta, io penso che il loro fallimento sarà grande; chi pensa solo a sé non può guidare un bel niente, nemmeno se stesso.

Io non conosco come sarà il futuro, e non sono certo in grado di prevedere se il mondo sarà loro o saranno destinati all’estinzione, ma temo che trascineranno nella loro vittoria privata o nella caduta che sia, molte persone e spargeranno molto dolore, guerre e distruzione, perché pur avendo molto potere e mezzi, questo modo di vivere la vita non può portare pace e prosperità diffusa. Non conosceranno mai la serenità del saggio e del giusto, questo sarà loro negato. Non si vince da soli e da soli non ci si salva. Non è così che va la legge cosmica dell’esistenza. Non siamo separati da nulla (ormai lo dice anche la scienza con la meccanica quantistica) e se mi comporto in dispregio degli altri, subirò i contraccolpi. L’egoismo e la superbia sono malattie molto gravi che non lasciano molte speranze di sopravvivenza. Qui la percentuale temo che si riduca a zero.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Graffiti.
"Dove c’è il molto non si riesce a governarlo, allora irrompe il caos senza forma. Solo ciò che riusciamo a comporre riusciamo a comprendere, ma la comprensione comporta il limite." (Pavel Florenskij)
10/09/2016: Anno 2016 - Numero 22  File Pdf
Pubblicato il 09/09/2016
Cristiani e Islamici, una sola preghiera.
Cristiani e Islamici, una sola preghiera.
Care amiche e cari amici, questa estate, e mentre scriviamo siamo solo ad inizio agosto, è stata difficile e con tanti avvenimenti che hanno sconcertato per la frequenza con cui sono accaduti e per la violenza che portavano dentro di loro gli autori materiali e mandanti rivolta contro le persone che ne sono state vittime, ma anche contro la nostra società in genere, che è pur malata lei stessa di tanti mali e problemi di cui andar ben poco fieri e che alle volte abbiamo trattato anche in questa rubrica. In tanto sfacelo e pericolo – si continua a parlare con insistenza di guerra futura se non già in qualche modo iniziata – c’è stato un avvenimento, riportato ampiamente sulla stampa, la cui eco è secondo me ben più grande dell’impatto mediatico che ha registrato. Parliamo dell’esperienza della preghiera comune tra islamici e cristiani che si è verificata sia in Italia che in Francia come risposta certo all’assassinio di padre Hamel (in quel momento solo l’ultimo di una lunga serie di omicidi) perpetrato con estrema ferocia ma che è voluta essere anche testimonianza viva e vissuta dell’amore e fede in Dio. Un Dio che non ha nome, che ognuno di noi riconosce in se stesso come voce di quella verità che non può più essere utilizzata per giustificare qualcosa d’altro, una verità non più da possedere ma da accogliere fino a sentirla sbocciare in stato d’essere oltre ogni distinzione, identità e appartenenza. Una preghiera comune quindi per una presa di distanza netta e inequivocabile dal terrorismo, che non è di natura islamica ma che è legato a logiche note di potere e di denaro che si travestono in vari modi per dissimulare la loro reale natura blasfema e avida. In questo numero trovate (nella rubrica “Invito alla lettura”) un articolo di Vito Mancuso su questo episodio così significativo, nella speranza che non sia un gesto isolato, ma che sia foriero di una nuova vicinanza e fraternità espressa nell’impegno di una testimonianza visibile e forte come una voce di profezia. L’esperienza di vita e di condivisione che abbiamo la fortuna di fare con le nostre meditazioni interreligiose attestata questa volontà di incontro e fraternità, pratica concreta che ci accompagna con continuità come sano alimento per lo spirito. Verso la fine dell’articolo sembra quasi che Mancuso parli di noi …! Essere insieme nella riconosciuta diversità e nel rispetto dell’identità nostra e dell’altro, visto come ricchezza incommensurabile e non come pericolo, con una apertura alla scoperta del non ancora conosciuto e in qualche modo portatore di rivelazione di un Assoluto che possiamo tentare di avvicinare e conoscere non certo con la mente, ma con l’abbraccio del cuore con l’altro, che poi altro non è se non l’immagine di me non ancora svela-tami. Queste riflessioni sono fatte a più mani, insieme con amici Sufi, condividendo l’augurio di Mancuso, nella speranza che l’esempio di cui siamo portatori diventi presto un momento di condivisione ricorrente anche tra le diverse confessioni religiose. Grazie a tutti. Abdul Hamid, Marina, Marco, Sandra [Leggi]
Care amiche e cari amici,

questa estate, e mentre scriviamo siamo solo ad inizio agosto, è stata difficile e con tanti avvenimenti che hanno sconcertato per la frequenza con cui sono accaduti e per la violenza che portavano dentro di loro gli autori materiali e mandanti rivolta contro le persone che ne sono state vittime, ma anche contro la nostra società in genere, che è pur malata lei stessa di tanti mali e problemi di cui andar ben poco fieri e che alle volte abbiamo trattato anche in questa rubrica.

In tanto sfacelo e pericolo – si continua a parlare con insistenza di guerra futura se non già in qualche modo iniziata – c’è stato un avvenimento, riportato ampiamente sulla stampa, la cui eco è secondo me ben più grande dell’impatto mediatico che ha registrato. Parliamo dell’esperienza della preghiera comune tra islamici e cristiani che si è verificata sia in Italia che in Francia come risposta certo all’assassinio di padre Hamel (in quel momento solo l’ultimo di una lunga serie di omicidi) perpetrato con estrema ferocia ma che è voluta essere anche testimonianza viva e vissuta dell’amore e fede in Dio. Un Dio che non ha nome, che ognuno di noi riconosce in se stesso come voce di quella verità che non può più essere utilizzata per giustificare qualcosa d’altro, una verità non più da possedere ma da accogliere fino a sentirla sbocciare in stato d’essere oltre ogni distinzione, identità e appartenenza.

Una preghiera comune quindi per una presa di distanza netta e inequivocabile dal terrorismo, che non è di natura islamica ma che è legato a logiche note di potere e di denaro che si travestono in vari modi per dissimulare la loro reale natura blasfema e avida. In questo numero trovate (nella rubrica “Invito alla lettura”) un articolo di Vito Mancuso su questo episodio così significativo, nella speranza che non sia un gesto isolato, ma che sia foriero di una nuova vicinanza e fraternità espressa nell’impegno di una testimonianza visibile e forte come una voce di profezia. L’esperienza di vita e di condivisione che abbiamo la fortuna di fare con le nostre meditazioni interreligiose attestata questa volontà di incontro e fraternità, pratica concreta che ci accompagna con continuità come sano alimento per lo spirito. Verso la fine dell’articolo sembra quasi che Mancuso parli di noi …! Essere insieme nella riconosciuta diversità e nel rispetto dell’identità nostra e dell’altro, visto come ricchezza incommensurabile e non come pericolo, con una apertura alla scoperta del non ancora conosciuto e in qualche modo portatore di rivelazione di un Assoluto che possiamo tentare di avvicinare e conoscere non certo con la mente, ma con l’abbraccio del cuore con l’altro, che poi altro non è se non l’immagine di me non ancora svela-tami.

Queste riflessioni sono fatte a più mani, insieme con amici Sufi, condividendo l’augurio di Mancuso, nella speranza che l’esempio di cui siamo portatori diventi presto un momento di condivisione ricorrente anche tra le diverse confessioni religiose.

Grazie a tutti.

Abdul Hamid, Marina, Marco, Sandra [Chiudi]
Cristiani e Islamici, una sola preghiera. (Foto: La Repubblica)
"... lasciate che il vostro cuore sia vuoto, non riempitelo di parole, di azioni della vostra mente, lasciate che il vostro cuore sia totalmente vuoto, solo allora sarà ricolmo." (Krishnamurti)
25/06/2016: Anno 2016 - Numero 21  File Pdf
Pubblicato il 22/06/2016
Passaggi e ferite (foto di Roberta Cini).
Passaggi e ferite (foto di Roberta Cini).
Care amiche e cari amici, oggi condivido un pensiero di Roberta Cini: Pensieri sparsi ( spersi? ) sul “disegno divino” .... Alcuni sostengono che ogni evento che attraversa la nostra vita è parte di un disegno: il disegno divino della nostra sorte. Si intende comprendere nel concetto di sorte anche l'ipotesi che, dovendosi l’uomo (e la donna) incarnare più volte al fine di sperimentare ed evolversi verso la propria massima essenza spirituale, la sorte si adegui a tale processo, nella necessità di perfezionare quel disegno. Questa convinzione tenta di rassicurare il soggetto e, insieme, disperatamente, cerca di trovare un senso al suo esserci. Quindi mi dicono che sono nata dopo molte altre vite, ancora una volta. Sostengono che i miei genitori me li sono scelti io, perfetti per me (sigh!), perché mi conducessero per le strade delle quali avevo bisogno per saldare certi miei conti sospesi . Genitori peraltro molto difficili, ma tant’è. Allo stesso modo si sono dipanati per me diversi eventi - dolore, assenza, perdite, lutti - al fine solito di darmi l'opportunità di evolvere. Sono ancora qui e ancora non è finita. ... Non so se tutto questo sia “vero”. Certamente, non me ne risultano prove scientifiche. Non sarebbe un gran problema, di per sé, ai miei occhi: lavoro nella dimensione psichica da trent'anni: sono abituata ad avventurarmi in luoghi che di scientifico hanno ben poco, e ciò nonostante a cogliere spesso dei risultati nei percorsi condivisi, alla faccia dei numeri. Ma il punto è un altro, per me. Io non “credo” (“come se avessi visto”, diceva mia nonna) ma non ho nemmeno bisogno di “credere”. Io cerco il mio senso. Qui è ora. In altri termini non è importante per me sapere se vengo da altre vite o se ne dovrò attraversare altre. Io sono, ora, in questa. È ora che cerco un senso. E certo da ogni cosa, da ogni momento, da ogni sfumatura io imparo. Ogni evento è un'opportunità. La mia Domanda non è: - perché queste prove nella mia vita? Da quali mie azioni ed esperienze “precedenti” arrivano queste prove? Cosa costruisco nel mio agire di oggi che poi mi ritroverò nella mia prossima vita? - ... La mia Domanda, semplicemente, è: - cosa ne posso fare di buono, oggi, nella mi vita, di “questo”? – Qui è ora. Mi domando come comprendere ogni evento, attraversarlo, guardare come si dispone dentro il percorso della mia vita, riflettere su cosa mi insegna, cosa cambia in me, cosa porta di nuovo. Che senso ha. Per me, qui è ora, con alle spalle solo ciò che so con certezza, e che consiste nell'esperienza di questa mia vita attuale. Allora anche il dolore è trasformazione. Quello che mi interessa è la trasformazione. La ferita diventa feritoia: passaggio stretto ma sufficiente perché il mio dolore si trasformi in un contenuto che posso passare ad un Altro, perché gli serva. E perché serva a me, per comprendere me stessa e gli altri e per trovare compassione, per loro e per me. Questo lo so, lo conosco bene, nella mia esperienza, e mi basta. Se poi dopo la morte potrò capire altro, ben venga. Non vedo contraddizione. Così come sento vicino tutto ciò che dice il Cristo e cerco dentro di me l'aderenza al suo pensiero, senza che concetti come al di là, resurrezione e vita eterna abbiano per me importanza. Il concetto importante per me è l'amore, la compassione. Non c'è altro che mi importi. Qualcuno si è definito “cristiano non credente” e l' ho sentito vicino. Sono reduce da un anno molto difficile. Sono, anche questa volta, sopravvissuta. Ora, che non mi sento più così vicina al baratro, ancora una volta torno a chiedermi cosa me ne posso fare di buono, di tutto questo? Cerco le mie risposte. Roberta Cini [Leggi]
Care amiche e cari amici,

oggi condivido un pensiero di Roberta Cini:



Pensieri sparsi ( spersi? ) sul “disegno divino” ....

Alcuni sostengono che ogni evento che attraversa la nostra vita è parte di un disegno: il disegno divino della nostra sorte. Si intende comprendere nel concetto di sorte anche l'ipotesi che, dovendosi l’uomo (e la donna) incarnare più volte al fine di sperimentare ed evolversi verso la propria massima essenza spirituale, la sorte si adegui a tale processo, nella necessità di perfezionare quel disegno.

Questa convinzione tenta di rassicurare il soggetto e, insieme, disperatamente, cerca di trovare un senso al suo esserci.

Quindi mi dicono che sono nata dopo molte altre vite, ancora una volta. Sostengono che i miei genitori me li sono scelti io, perfetti per me (sigh!), perché mi conducessero per le strade delle quali avevo bisogno per saldare certi miei conti sospesi . Genitori peraltro molto difficili, ma tant’è. Allo stesso modo si sono dipanati per me diversi eventi - dolore, assenza, perdite, lutti - al fine solito di darmi l'opportunità di evolvere. Sono ancora qui e ancora non è finita. ...

Non so se tutto questo sia “vero”.

Certamente, non me ne risultano prove scientifiche. Non sarebbe un gran problema, di per sé, ai miei occhi: lavoro nella dimensione psichica da trent'anni: sono abituata ad avventurarmi in luoghi che di scientifico hanno ben poco, e ciò nonostante a cogliere spesso dei risultati nei percorsi condivisi, alla faccia dei numeri.

Ma il punto è un altro, per me.

Io non “credo” (“come se avessi visto”, diceva mia nonna) ma non ho nemmeno bisogno di “credere”.

Io cerco il mio senso. Qui è ora.

In altri termini non è importante per me sapere se vengo da altre vite o se ne dovrò attraversare altre.

Io sono, ora, in questa. È ora che cerco un senso.

E certo da ogni cosa, da ogni momento, da ogni sfumatura io imparo.

Ogni evento è un'opportunità.

La mia Domanda non è: - perché queste prove nella mia vita? Da quali mie azioni ed esperienze “precedenti” arrivano queste prove? Cosa costruisco nel mio agire di oggi che poi mi ritroverò nella mia prossima vita? - ...

La mia Domanda, semplicemente, è: - cosa ne posso fare di buono, oggi, nella mi vita, di “questo”? – Qui è ora. Mi domando come comprendere ogni evento, attraversarlo, guardare come si dispone dentro il percorso della mia vita, riflettere su cosa mi insegna, cosa cambia in me, cosa porta di nuovo.

Che senso ha. Per me, qui è ora, con alle spalle solo ciò che so con certezza, e che consiste nell'esperienza di questa mia vita attuale.

Allora anche il dolore è trasformazione.

Quello che mi interessa è la trasformazione.

La ferita diventa feritoia: passaggio stretto ma sufficiente perché il mio dolore si trasformi in un contenuto che posso passare ad un Altro, perché gli serva. E perché serva a me, per comprendere me stessa e gli altri e per trovare compassione, per loro e per me.

Questo lo so, lo conosco bene, nella mia esperienza, e mi basta.

Se poi dopo la morte potrò capire altro, ben venga. Non vedo contraddizione.

Così come sento vicino tutto ciò che dice il Cristo e cerco dentro di me l'aderenza al suo pensiero, senza che concetti come al di là, resurrezione e vita eterna abbiano per me importanza.

Il concetto importante per me è l'amore, la compassione. Non c'è altro che mi importi. Qualcuno si è definito “cristiano non credente” e l' ho sentito vicino.

Sono reduce da un anno molto difficile.

Sono, anche questa volta, sopravvissuta. Ora, che non mi sento più così vicina al baratro, ancora una volta torno a chiedermi cosa me ne posso fare di buono, di tutto questo?

Cerco le mie risposte.

Roberta Cini [Chiudi]
Passaggi e ferite (foto di Roberta Cini).
"Non è sufficiente solamente conoscere, ma bisogna capire con sentimenti e sentire con comprensione." (Rudolf Steiner)
11/06/2016: Anno 2016 - Numero 20  File Pdf
Pubblicato il 10/06/2016
Il gorilla Harambe allo zoo e orrori quotidiani.
Il gorilla Harambe allo zoo e orrori quotidiani.
Care amiche e cari amici, una lettrice, che preferisce rimanere anonima, mi sottopone due fatti di cronaca che recentemente sono accaduti. L'uccisione di Sara bruciata a Roma dal suo ex fidanzato e non soccorsa dagli automobilisti di passaggio nonostante le grida di aiuto, e un altro fatto apparentemente slegato da questo che è l'uccisione di un gorilla allo zoo, a Cincinnati in America, in seguito al fatto che un bambino era caduto nel recinto dei gorilla e l'animale lo aveva preso in braccio, senza intento aggressivo a quanto pare ... allora, continua la lettrice, ... un gorilla abbraccia e soccorre, a suo modo, quello che considera un cucciolo in pericolo ... e gli automobilisti passano senza soccorrere ... sembra che la parabola del buon samaritano sia più che mai attuale. La terribile violenza di genere ha raggiunto cifre di uccisioni da capogiro da parte quasi sempre del sesso maschile e da persone molto vicine alle vittime. Ormai è molto di più di un allarme. Ci sono dei rapporti che iniziano come amorosi e degenerano in violenza furibonda, malata, incontrollata per motivazioni che alla fine sono spesso riconducibili alla brama di possesso e di dominio sull’altro (passando attraverso tutta un serie di paure e stati patologici nonché psichiatrici), in persone che solo poco prima potevi definire “normali”. Certo, l’assassino tra noi, e anche l’assassino dentro in me che lo posso ritrovare nel non prestare il soccorso richiestomi per pietà. Come mi sarei comportato io? Dai diciamoci tutta la verità, tanto non ci sente nessuno … Tragedie che avvengono in un contesto generale sociale disarticolato e incrinato, frantumato nei valori e nel rispetto, che certo non giustificano niente ma che indicano da dove iniziare per un processo di guarigione sociale e personale, per ritrovare dignità, umanità, lealtà, umiltà, benevolenza. Fare un bel passo indietro forse è il passo davvero necessario per andare avanti … L’immagine che riporto sopra è a suo modo provocatoria e proviene da ambienti animalisti, che rispetto e in gran parte personalmente approvo, ma la riflessione non deve essere di parte, ma di cuore, secondo me. Nel regno animale è vero che non esiste la violenza propria degli umani, ma gli umani hanno delle peculiarità che li rendono capaci di azioni e sentimenti che possono essere solo loro propri perché legati alla capacità del loro sentire, che li riconosco come dei veri doni di natura, che possono portarli alle peggiori nefandezze e alla compassione e amore non legati e attivati dall’istinto. E’ la legge di evoluzione del sentire, che nel caso umano non passa attraverso automatismi ma per presa di coscienza – processo lunghissimo. D’altra parte ci sono persone che amano gli animali (specie quelli da compagnia, tipo cani e gatti) ma non così tanto e spassionatamente gli altri umani intorno a loro, verso i quali alle volte provano sentimenti non confessabili. Cosa è l’amore? E che dire degli allevamenti intensivi così diffusi e con livelli di bestialità umana da campo di concentramento dove si perde quella parte nobile dell’uomo che in tali situazioni viene spenta, distrutta. Abbrutimento totale. Tanti aspetti, tante facce, tante angolature spesso affilate e taglienti, scivolose. Come associazione Vivere l’Etica stiamo organizzando una conferenza per novembre sul tema del rapporto uomo-animale e sarà molto articolata perché gli argomenti sono tanti e ci toccano tutti da vicino, come d’altronde tutti siamo coinvolti e responsabili nel prendere coscienza e cura nella soluzione per il problema della violenza di genere. Ci è richiesta attenzione a tutto … Non è un tirare la gente per la giacchetta, bensì il fatto che come viventi siamo implicati nella vita e in tutte le moltissime manifestazioni. C’è chi la chiama consapevolezza, coscienza del vivere, responsabilità … E se qualcuno mi chiede da che parte sto in tutto questo labirinto di dolore e sconforto, rispondo che sono dalla parte di Goethe, riconoscendo nell’intimo dell’umano un Sublime che è di tutti ma che per molti deve ancora manifestarsi. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e cari amici,

una lettrice, che preferisce rimanere anonima, mi sottopone due fatti di cronaca che recentemente sono accaduti.

L'uccisione di Sara bruciata a Roma dal suo ex fidanzato e non soccorsa dagli automobilisti di passaggio nonostante le grida di aiuto, e un altro fatto apparentemente slegato da questo che è l'uccisione di un gorilla allo zoo, a Cincinnati in America, in seguito al fatto che un bambino era caduto nel recinto dei gorilla e l'animale lo aveva preso in braccio, senza intento aggressivo a quanto pare ... allora, continua la lettrice, ... un gorilla abbraccia e soccorre, a suo modo, quello che considera un cucciolo in pericolo ... e gli automobilisti passano senza soccorrere ... sembra che la parabola del buon samaritano sia più che mai attuale.

La terribile violenza di genere ha raggiunto cifre di uccisioni da capogiro da parte quasi sempre del sesso maschile e da persone molto vicine alle vittime. Ormai è molto di più di un allarme. Ci sono dei rapporti che iniziano come amorosi e degenerano in violenza furibonda, malata, incontrollata per motivazioni che alla fine sono spesso riconducibili alla brama di possesso e di dominio sull’altro (passando attraverso tutta un serie di paure e stati patologici nonché psichiatrici), in persone che solo poco prima potevi definire “normali”. Certo, l’assassino tra noi, e anche l’assassino dentro in me che lo posso ritrovare nel non prestare il soccorso richiestomi per pietà. Come mi sarei comportato io? Dai diciamoci tutta la verità, tanto non ci sente nessuno … Tragedie che avvengono in un contesto generale sociale disarticolato e incrinato, frantumato nei valori e nel rispetto, che certo non giustificano niente ma che indicano da dove iniziare per un processo di guarigione sociale e personale, per ritrovare dignità, umanità, lealtà, umiltà, benevolenza.

Fare un bel passo indietro forse è il passo davvero necessario per andare avanti …

L’immagine che riporto sopra è a suo modo provocatoria e proviene da ambienti animalisti, che rispetto e in gran parte personalmente approvo, ma la riflessione non deve essere di parte, ma di cuore, secondo me. Nel regno animale è vero che non esiste la violenza propria degli umani, ma gli umani hanno delle peculiarità che li rendono capaci di azioni e sentimenti che possono essere solo loro propri perché legati alla capacità del loro sentire, che li riconosco come dei veri doni di natura, che possono portarli alle peggiori nefandezze e alla compassione e amore non legati e attivati dall’istinto. E’ la legge di evoluzione del sentire, che nel caso umano non passa attraverso automatismi ma per presa di coscienza – processo lunghissimo. D’altra parte ci sono persone che amano gli animali (specie quelli da compagnia, tipo cani e gatti) ma non così tanto e spassionatamente gli altri umani intorno a loro, verso i quali alle volte provano sentimenti non confessabili. Cosa è l’amore? E che dire degli allevamenti intensivi così diffusi e con livelli di bestialità umana da campo di concentramento dove si perde quella parte nobile dell’uomo che in tali situazioni viene spenta, distrutta. Abbrutimento totale. Tanti aspetti, tante facce, tante angolature spesso affilate e taglienti, scivolose.

Come associazione Vivere l’Etica stiamo organizzando una conferenza per novembre sul tema del rapporto uomo-animale e sarà molto articolata perché gli argomenti sono tanti e ci toccano tutti da vicino, come d’altronde tutti siamo coinvolti e responsabili nel prendere coscienza e cura nella soluzione per il problema della violenza di genere. Ci è richiesta attenzione a tutto … Non è un tirare la gente per la giacchetta, bensì il fatto che come viventi siamo implicati nella vita e in tutte le moltissime manifestazioni. C’è chi la chiama consapevolezza, coscienza del vivere, responsabilità …

E se qualcuno mi chiede da che parte sto in tutto questo labirinto di dolore e sconforto, rispondo che sono dalla parte di Goethe, riconoscendo nell’intimo dell’umano un Sublime che è di tutti ma che per molti deve ancora manifestarsi.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Il gorilla Harambe allo zoo e orrori quotidiani.
"Io non mi domando se questo Essere supremo abbia intelletto e ragione. Io lo sento: è l’intelletto, è la ragione stessa. Tutte le creature ne sono permeate, e l’uomo ne possiede ab-bastanza da poter riconoscere alcuni aspetti dell’Essere supremo”." (Wolfgang von Goethe, "Lettere. A Carl Friedrich Zelter il 23 Febbraio 1831, dopo la morte.")
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Versione: 1.5
Rilasciata il: 06/02/2014
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