Torna indietro
Radio Voce della Speranza

Lo Zefiro

Notiziario Interreligioso
Redazione: Marco Lazzeri
Telefono: 335.6415395
Pagina:
25/01/2014: Anno 2014 - Numero 03  File Pdf
Pubblicato il 24/01/2014
Capo della tribù Kayapo (Brasile).
Capo della tribù Kayapo (Brasile).
Care amiche e amici, condivido con voi questa foto tratta da un quotidiano di pochi giorni fa: il capo della tribù Kayapo ha appena ricevuto una pessima notizia. Dilma, il nuovo presidente del Brasile, ha dato approvazione per la costruzione di un nuovo grande impianto idroelettrico (il terzo più grande del mondo), che sarà la condanna a morte per tutte le persone vicino al fiume, in quanto la diga sommergerà 400.000 ettari di foresta. Così più di 40.000 indiani saranno scacciati dalle loro residenze autoctone e dall’ambiente che definisce la loro vita e la loro cultura e saranno costretti a cercare un nuovo posto dove poter tentare di sopravvivere. Ciò che mi impressiona è la dignità, il silenzio e la disperazione per l’impotenza a difendere la sua gente del capo della comunità Kayapo nel momento in cui ha saputo della decisione. Abbiamo solo un pianeta e le lacrime di quest’uomo potrebbero essere quelle di tutti un giorno. La distruzione degli habitat naturali, la deforestazione e la scomparsa di molte specie è una realtà terribile del nostro tempo. Ma tutto questo non nasce né per caso né da una necessità vitale legata alla sopravvivenza dell’umano su questo pianeta. Mi sono posto molte volte questa domanda e mi sembra di aver individuato una delle tante possibili risposte che secondo me individua un preciso progetto di dominio che, prevedendo povertà per la maggior parte del pianeta, narcotizza la coscienza e lo spirito per le popolazioni dell’occidente attraverso una eccessiva disponibilità di beni solo e soltanto materiali allo scopo di creare dipendenza ed egoismo. Questa situazione è certo il prodotto dall'avidità e della brama di potere, ma anche dalla volontà di controllo sulle masse da parte di pochi gruppi dominanti allo scopo di creare un dominio globale che non abbia antagonisti alla loro egemonia. Per questo addomesticano e assopiscono le coscienze attraverso un benessere materiale senza limiti e senza etica, che per sostenersi trasforma il mondo creando inutili bisogni e sogni indotti. Tutto questo pretende per essere messo in pratica di disponibilità di energia sempre maggiori, sfruttamento di risorse non rinnovabili, aumento dei consumi in generale, depredazione dei popoli di interi continenti che sono diventati in maniera indotta il cosiddetto terzo mondo. Regioni del mondo queste che non sono state sempre povere, tutt’altro, ma lo sono diventate in seguito a questo processo scellerato di rapina. Per la brama di pochi di avere sempre di più dominio sui molti si è innescata nell’ultimo mezzo secolo una folle corsa verso uno sviluppo non sostenibile che porterà molta distruzione. Il pericolo è che potremmo arrivare a non aver più un luogo dove vivere. L’antidoto a questo veleno sempre più persone è ritrovare i valori etici fondanti della convivenza e della solidarietà umana, della modestia e della sobrietà propri di una vita centrata sul rispetto e amore per l’altro, anche rinunciando con gioia ad agi inutili e alla fine pericolosi. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

condivido con voi questa foto tratta da un quotidiano di pochi giorni fa: il capo della tribù Kayapo ha appena ricevuto una pessima notizia. Dilma, il nuovo presidente del Brasile, ha dato approvazione per la costruzione di un nuovo grande impianto idroelettrico (il terzo più grande del mondo), che sarà la condanna a morte per tutte le persone vicino al fiume, in quanto la diga sommergerà 400.000 ettari di foresta. Così più di 40.000 indiani saranno scacciati dalle loro residenze autoctone e dall’ambiente che definisce la loro vita e la loro cultura e saranno costretti a cercare un nuovo posto dove poter tentare di sopravvivere. Ciò che mi impressiona è la dignità, il silenzio e la disperazione per l’impotenza a difendere la sua gente del capo della comunità Kayapo nel momento in cui ha saputo della decisione.

Abbiamo solo un pianeta e le lacrime di quest’uomo potrebbero essere quelle di tutti un giorno. La distruzione degli habitat naturali, la deforestazione e la scomparsa di molte specie è una realtà terribile del nostro tempo. Ma tutto questo non nasce né per caso né da una necessità vitale legata alla sopravvivenza dell’umano su questo pianeta. Mi sono posto molte volte questa domanda e mi sembra di aver individuato una delle tante possibili risposte che secondo me individua un preciso progetto di dominio che, prevedendo povertà per la maggior parte del pianeta, narcotizza la coscienza e lo spirito per le popolazioni dell’occidente attraverso una eccessiva disponibilità di beni solo e soltanto materiali allo scopo di creare dipendenza ed egoismo. Questa situazione è certo il prodotto dall'avidità e della brama di potere, ma anche dalla volontà di controllo sulle masse da parte di pochi gruppi dominanti allo scopo di creare un dominio globale che non abbia antagonisti alla loro egemonia. Per questo addomesticano e assopiscono le coscienze attraverso un benessere materiale senza limiti e senza etica, che per sostenersi trasforma il mondo creando inutili bisogni e sogni indotti. Tutto questo pretende per essere messo in pratica di disponibilità di energia sempre maggiori, sfruttamento di risorse non rinnovabili, aumento dei consumi in generale, depredazione dei popoli di interi continenti che sono diventati in maniera indotta il cosiddetto terzo mondo. Regioni del mondo queste che non sono state sempre povere, tutt’altro, ma lo sono diventate in seguito a questo processo scellerato di rapina. Per la brama di pochi di avere sempre di più dominio sui molti si è innescata nell’ultimo mezzo secolo una folle corsa verso uno sviluppo non sostenibile che porterà molta distruzione. Il pericolo è che potremmo arrivare a non aver più un luogo dove vivere.

L’antidoto a questo veleno sempre più persone è ritrovare i valori etici fondanti della convivenza e della solidarietà umana, della modestia e della sobrietà propri di una vita centrata sul rispetto e amore per l’altro, anche rinunciando con gioia ad agi inutili e alla fine pericolosi.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Capo della tribù Kayapo (Brasile). (Foto: (da Repubblica))
"Il destino ti aspetta sulla strada che hai scelto per evitarlo." ("Proverbio Arabo")
18/01/2014: Anno 2014 - Numero 02  File Pdf
Pubblicato il 17/01/2014
Ascolto.
Ascolto.
Care amiche e amici, mi vorrei intrattenere ancora sul tema dell’etica, su cui mi sono confrontato con amici in questo periodo e che sento così centrale. La domanda è cosa è l’etica. La definizione non è banale ed è facile eludere qualche particolare che può non essere contemplato. Ad esempio trovo questa enunciazione: “Ricerca di ciò che è bene per l’uomo, di ciò che è giusto fare o non fare”. A parte l’uomo e non la donna, ma non è questo l’argomento. Non mi piace molto come approccio, perché rimanda in qualche modo ad un senso morale, di bene e di male, di colpa. E’ vero che il non essere etici porta a fare cose in cui si incontra la colpa, anche grave in quanto si espletano atti che danneggiano altri e non solo se stessi, ma non mi risuona come un senso completo, è come se mancasse qualcosa. Mi verrebbe da dire – e faccio un tentativo - che l’etica è, o è anche in senso lato, l’ascolto, il dialogo senza ricerca di predominio e quindi anche il silenzio offerto come spazio, come attenzione nel vedere l’altro come soggetto autonomo, a cui riconosco sua indipendenza nella pratica espressiva, oltre al concetto della sacralità che al solito tutto permea. Per “altro da me” intendo qui non solo gli umani ma tutto il creato in senso lato, animali, piante, natura anche apparentemente inanimata. Nell’etica mi sembra centrale per prima cosa il rapporto che riesco ad impostare dentro di me. Non dovrebbe essere senso del dovere ma senso dell’essere. Quando “sono” non mi occorre pensare di essere e tanto meno fare tentativi per manifestarlo. Sono e basta. Sono e non mi interessa essere percepito per come sono. Se una persona mi chiede acqua e mi preoccupo di offrirle sostegno come atto etico, non sono ancora come una fonte rupestre perenne che getta acqua in ogni momento per sua propria natura e basta. Lei è acqua. Questo è tutto. Con semplicità. Con l’intuizione di appartenere all’infinito più che a se stessi. Essere etici forse vuol dire avere la sensazione di appartenere non a se stessi ma al creato. Non sono più mio. E poi c’è il discorso della pratica, l’etica è la grande forza spirituale che mi sostiene se la applico nella prassi, nel vivere (o per lo meno nel provarci), non occorre parlare. In questo caso le parole potrebbero essere espressione del mentale non del sentire e in qualche modo potrebbero manifestare solo delle forme egoiche. Madre Teresa stava curando una piaga purulenta di un lebbroso in un sanatorio in India e un giornalista che la intervistava disse che lui non lo avrebbe fatto per un milione di dollari. Lei gli volse lo sguardo benevolo e con un sorriso disse : “Nemmeno io”. Lei faceva, lui diceva altro. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

mi vorrei intrattenere ancora sul tema dell’etica, su cui mi sono confrontato con amici in questo periodo e che sento così centrale. La domanda è cosa è l’etica. La definizione non è banale ed è facile eludere qualche particolare che può non essere contemplato. Ad esempio trovo questa enunciazione: “Ricerca di ciò che è bene per l’uomo, di ciò che è giusto fare o non fare”. A parte l’uomo e non la donna, ma non è questo l’argomento. Non mi piace molto come approccio, perché rimanda in qualche modo ad un senso morale, di bene e di male, di colpa. E’ vero che il non essere etici porta a fare cose in cui si incontra la colpa, anche grave in quanto si espletano atti che danneggiano altri e non solo se stessi, ma non mi risuona come un senso completo, è come se mancasse qualcosa. Mi verrebbe da dire – e faccio un tentativo - che l’etica è, o è anche in senso lato, l’ascolto, il dialogo senza ricerca di predominio e quindi anche il silenzio offerto come spazio, come attenzione nel vedere l’altro come soggetto autonomo, a cui riconosco sua indipendenza nella pratica espressiva, oltre al concetto della sacralità che al solito tutto permea. Per “altro da me” intendo qui non solo gli umani ma tutto il creato in senso lato, animali, piante, natura anche apparentemente inanimata. Nell’etica mi sembra centrale per prima cosa il rapporto che riesco ad impostare dentro di me. Non dovrebbe essere senso del dovere ma senso dell’essere. Quando “sono” non mi occorre pensare di essere e tanto meno fare tentativi per manifestarlo. Sono e basta. Sono e non mi interessa essere percepito per come sono. Se una persona mi chiede acqua e mi preoccupo di offrirle sostegno come atto etico, non sono ancora come una fonte rupestre perenne che getta acqua in ogni momento per sua propria natura e basta. Lei è acqua. Questo è tutto. Con semplicità. Con l’intuizione di appartenere all’infinito più che a se stessi. Essere etici forse vuol dire avere la sensazione di appartenere non a se stessi ma al creato. Non sono più mio.

E poi c’è il discorso della pratica, l’etica è la grande forza spirituale che mi sostiene se la applico nella prassi, nel vivere (o per lo meno nel provarci), non occorre parlare. In questo caso le parole potrebbero essere espressione del mentale non del sentire e in qualche modo potrebbero manifestare solo delle forme egoiche. Madre Teresa stava curando una piaga purulenta di un lebbroso in un sanatorio in India e un giornalista che la intervistava disse che lui non lo avrebbe fatto per un milione di dollari. Lei gli volse lo sguardo benevolo e con un sorriso disse : “Nemmeno io”. Lei faceva, lui diceva altro.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Ascolto.
"Gli occhi ti dicono quello che uno è, la bocca quello che è diventato." (John Galsworthy)
11/01/2014: Anno 2014 - Numero 01  File Pdf
Pubblicato il 10/01/2014
Gentilezza.
Gentilezza.
Care amiche e amici, la mano della foto è semplice, fresca, le unghie forse non sono proprio curate per una copertina patinata di Vogue, ma va bene anche così per un gesto gentile. Porgere un saluto, gettare un ponte con il cuore anche con l’offrire una semplice foglia è un atto bello di gentilezza, prendersi cura, considerare l’altro una persona che esiste, accolta nella propria vita, dove gli si riconosce con il gesto una sua importanza, una sua dignità di esistere. Mi soffermo su questo aspetto perché mi sembra vicino ad un argomento sul quale in questo periodo sto riflettendo, che mi gira nella testa e più lo guardo e più mi sembra essenziale e allo stesso tempo disatteso : l’etica. L'etica è un tema trasversale alla vita sociale, culturale e personale e che quindi riguarda un pò tutto. Si parla in questo periodo di etica, o della sua mancanza, nella crisi economica devastante, nel lavoro precario, nella conduzione rapace dell’alta finanza e dell’economia, negli affari, nelle istituzioni, nella criminalità organizzata, nel trattamento dei detenuti, nell’accoglienza degli immigrati, nei rapporti personali e negli omicidi di genere verso le donne, nella condizione subalterna della donna, nella situazione degli anziani ma anche dei giovani senza lavoro, nella sanità, negli sprechi, nelle spese per armamenti e tanto altro ancora. Praticamente tutto. Ma cosa ricerco? Perché adesso ho questo bisogno così forte di parlarne? Forse perché l’etica è tutto quello che è stato perso, diventando l’origine e la radice prima dello smarrimento profondo, della perdita di prospettiva e del limite. Un tema immenso e trasversale sulla esistenza di ciascuno, che tutti tocca, perché l’etica non riguarda solo questi grandi temi che sono sì importanti ma che rimangono in qualche modo alle volte anche distanti, l’etica tocca direttamente la mia vita personale, il mio esserci nella relazione con il mondo. L’etica è il come vedo il vicino del pianerottolo di casa mia, l’altro nel traffico cittadino, nel pigia pigia del bus al mattino, in una lunga coda ad uno sportello di un ufficio, è come percepisco le persone, se riesco a riconoscere sacralità alla loro vita e alla mia o le vedo come oggetti da usare solo per quanto mi serve e mi conviene. L’etica non può essere separata dalla spiritualità, da una visione mistica della vita. Non è moralismo questo, il vuoto di etica è la supremazia della superbia, è l'incapacità di amare, é la presunzione di farcela da solo scordandomi di dare una mano, di occuparmi troppo del tornaconto e non vedere il compenso che ho nel dare un aiuto a un’altra vita. E’ il non saper più declinare temi alti, è il guardare solo il proprio ombelico, in un egoismo che tutto consuma. Tutto questo è povertà e deserto interiore, il non volermi affidare, ma confidare solo nell’accumulare potere e non esiste più la speranza nell’aiuto dall’alto per chi ormai da tempo ha smarrito il senso del trascendete. Chi non ha etica generalmente ha molta paura della morte, non ci vuol pensare, la vede come una maledizione, perché non ha prospettive se non accumulare la povertà dell’avere, avendo perso la dimensione del senso dell’essere. Il suo compenso è solo di questo mondo e lo perderà. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

la mano della foto è semplice, fresca, le unghie forse non sono proprio curate per una copertina patinata di Vogue, ma va bene anche così per un gesto gentile. Porgere un saluto, gettare un ponte con il cuore anche con l’offrire una semplice foglia è un atto bello di gentilezza, prendersi cura, considerare l’altro una persona che esiste, accolta nella propria vita, dove gli si riconosce con il gesto una sua importanza, una sua dignità di esistere.

Mi soffermo su questo aspetto perché mi sembra vicino ad un argomento sul quale in questo periodo sto riflettendo, che mi gira nella testa e più lo guardo e più mi sembra essenziale e allo stesso tempo disatteso : l’etica.

L'etica è un tema trasversale alla vita sociale, culturale e personale e che quindi riguarda un pò tutto.

Si parla in questo periodo di etica, o della sua mancanza, nella crisi economica devastante, nel lavoro precario, nella conduzione rapace dell’alta finanza e dell’economia, negli affari, nelle istituzioni, nella criminalità organizzata, nel trattamento dei detenuti, nell’accoglienza degli immigrati, nei rapporti personali e negli omicidi di genere verso le donne, nella condizione subalterna della donna, nella situazione degli anziani ma anche dei giovani senza lavoro, nella sanità, negli sprechi, nelle spese per armamenti e tanto altro ancora. Praticamente tutto. Ma cosa ricerco? Perché adesso ho questo bisogno così forte di parlarne? Forse perché l’etica è tutto quello che è stato perso, diventando l’origine e la radice prima dello smarrimento profondo, della perdita di prospettiva e del limite. Un tema immenso e trasversale sulla esistenza di ciascuno, che tutti tocca, perché l’etica non riguarda solo questi grandi temi che sono sì importanti ma che rimangono in qualche modo alle volte anche distanti, l’etica tocca direttamente la mia vita personale, il mio esserci nella relazione con il mondo. L’etica è il come vedo il vicino del pianerottolo di casa mia, l’altro nel traffico cittadino, nel pigia pigia del bus al mattino, in una lunga coda ad uno sportello di un ufficio, è come percepisco le persone, se riesco a riconoscere sacralità alla loro vita e alla mia o le vedo come oggetti da usare solo per quanto mi serve e mi conviene. L’etica non può essere separata dalla spiritualità, da una visione mistica della vita. Non è moralismo questo, il vuoto di etica è la supremazia della superbia, è l'incapacità di amare, é la presunzione di farcela da solo scordandomi di dare una mano, di occuparmi troppo del tornaconto e non vedere il compenso che ho nel dare un aiuto a un’altra vita. E’ il non saper più declinare temi alti, è il guardare solo il proprio ombelico, in un egoismo che tutto consuma. Tutto questo è povertà e deserto interiore, il non volermi affidare, ma confidare solo nell’accumulare potere e non esiste più la speranza nell’aiuto dall’alto per chi ormai da tempo ha smarrito il senso del trascendete. Chi non ha etica generalmente ha molta paura della morte, non ci vuol pensare, la vede come una maledizione, perché non ha prospettive se non accumulare la povertà dell’avere, avendo perso la dimensione del senso dell’essere. Il suo compenso è solo di questo mondo e lo perderà.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Gentilezza.
"Dormii e sognai che la vita era gioia. Mi svegliai e vidi che la vita era servizio. Servii e scoprii che nel servizio s’incontra la gioia." (Rabindranath Tagore, "Frasi.")
14/12/2013: Anno 2013 - Numero 43  File Pdf
Pubblicato il 13/12/2013
Cometa Ison.
Cometa Ison.
Care amiche e amici, sta arrivando Natale e a Novembre è comparsa in cielo una cometa, è la Cometa Ison. Proveniente dalla “Nube di Oort” si è avvicinata al Sole e ad oggi potrebbe aver superato con successo il perielio, il pericoloso transito vicino al Sole: le ultime analisi dell'agenzia spaziale NASA indicherebbero che parte del suo nucleo è (forse) ancora intatto. Un viaggio pericoloso quello verso il Sole, il calore consuma il ghiaccio di cui è composta e la sopravvivenza della cometa dipende da molti fattori, l’incertezza la fa da padrone e questo definisce l’evoluzione del cammino in modo non deterministico. La vita della cometa è lasciata ad un divenire aleatorio che momento per momento ne determina l’esistenza e la sussistenza stessa. Non può arrestarsi sul cammino, le leggi della gravitazione universale determinano trattoria e velocità con precisione e inesorabile coerenza, e non prevedono la cessazione del moto. Ma cosa accadrà durante questo percorso non è cosa nota se non con la “scienza di poi” (di cui ne son piene le fosse – diceva il poeta). Questa cometa in fondo un po’ mi somiglia. La vita, come per lei, non la posso prevedere, la posso solo vivere. Non la posso sospendere – sono infatti in qualche modo come “prigioniero” del suo incedere - ma la posso osservare con coraggio ed attenzione nella sua evoluzione, qualunque essa sia e questo è l’apprendimento di conoscenza più importante che mi è dato di avere. Mi disvela l’orizzonte e dà una risposta al mio bisogno esistenziale di senso dell’essere. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

sta arrivando Natale e a Novembre è comparsa in cielo una cometa, è la Cometa Ison. Proveniente dalla “Nube di Oort” si è avvicinata al Sole e ad oggi potrebbe aver superato con successo il perielio, il pericoloso transito vicino al Sole: le ultime analisi dell'agenzia spaziale NASA indicherebbero che parte del suo nucleo è (forse) ancora intatto.

Un viaggio pericoloso quello verso il Sole, il calore consuma il ghiaccio di cui è composta e la sopravvivenza della cometa dipende da molti fattori, l’incertezza la fa da padrone e questo definisce l’evoluzione del cammino in modo non deterministico. La vita della cometa è lasciata ad un divenire aleatorio che momento per momento ne determina l’esistenza e la sussistenza stessa. Non può arrestarsi sul cammino, le leggi della gravitazione universale determinano trattoria e velocità con precisione e inesorabile coerenza, e non prevedono la cessazione del moto. Ma cosa accadrà durante questo percorso non è cosa nota se non con la “scienza di poi” (di cui ne son piene le fosse – diceva il poeta).

Questa cometa in fondo un po’ mi somiglia. La vita, come per lei, non la posso prevedere, la posso solo vivere. Non la posso sospendere – sono infatti in qualche modo come “prigioniero” del suo incedere - ma la posso osservare con coraggio ed attenzione nella sua evoluzione, qualunque essa sia e questo è l’apprendimento di conoscenza più importante che mi è dato di avere. Mi disvela l’orizzonte e dà una risposta al mio bisogno esistenziale di senso dell’essere.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Cometa Ison.
"Vivere, questo sì è un bel progetto, ma questa volta non sono io a scriverne la trama." (Carlo Castellaneta)
07/12/2013: Anno 2013 - Numero 42  File Pdf
Pubblicato il 06/12/2013
Raimon Panikkar.
Raimon Panikkar.
Care amiche e amici, questa settimana desidero lasciare la parola a Raimond Panikkar, il cui pensiero rappresenta un punto di incontro tra Oriente e Occidente. Nella sua opera convergono diverse realtà: la realtà umana con le sue origini multiple indù e cristiane; la realtà accademica e intellettuale, interdisciplinare, interculturale ed interreligiosa. Da ciò, l'importanza del dialogo nel suo pensiero. Il linguaggio di Panikkar è ricco, plurale ed aperto, e in esso le parole non sono meri termini concettuali, oggettivi ed univoci, ma simboli. Penso che potrebbe essere considerato un riferimento per la nostra Comunità Interreligiosa. “Non c’è ermeneutica del silenzio perché ogni interpretazione lo infrange. L’interpretazione è opera del Logos, ma il silenzio non è Logos e non essendolo, è vuoto di parola. Il silenzio è l’assenza di parola, anteriore alla parola. La parola è l’organo dell’essere e la sua primogenita. Il silenzio quindi sarà l’assenza dell’essere. L’uomo nel silenzio fa l’esperienza del vuoto cioè della pura assenza. Non è l’assenza di un altro essere che ne sarebbe il complemento o il supplemento. È una specie di spazio vuoto che fa sì che la presenza dell’ente presente sia possibile e si possa muovere, esistere, per modo di dire e in ultima istanza, essere. L’esperienza del vuoto è una scoperta che trasforma. Essa si trova allo stesso livello della scoperta della vita. Non rimaniamo gli stessi, anzi essa ci fa scoprire quello che veramente siamo, ci fa scoprire la profondità insondabile dell’essere, l’abisso insondabile, senza fondo della realtà che tutti noi siamo. Dove questo siamo, questo essere, viene integrato per così dire nell’orizzonte del vuoto. Non si vive la pienezza dell’essere se non nel vuoto. La scoperta del vuoto ci apre all’esperienza della libertà, niente ci costringe, neppure nell’ordine della pura consapevolezza. Il suo spazio vuoto. Il pensiero razionale deve seguire le leggi delle ragioni, il principio di non contraddizione e adeguarsi ai suoi oggetti, alle cose che pensa. Nel vuoto non ci sono cose: dov’è lo Spirito là è la libertà”. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

questa settimana desidero lasciare la parola a Raimond Panikkar, il cui pensiero rappresenta un punto di incontro tra Oriente e Occidente. Nella sua opera convergono diverse realtà: la realtà umana con le sue origini multiple indù e cristiane; la realtà accademica e intellettuale, interdisciplinare, interculturale ed interreligiosa. Da ciò, l'importanza del dialogo nel suo pensiero.

Il linguaggio di Panikkar è ricco, plurale ed aperto, e in esso le parole non sono meri termini concettuali, oggettivi ed univoci, ma simboli. Penso che potrebbe essere considerato un riferimento per la nostra Comunità Interreligiosa.

“Non c’è ermeneutica del silenzio perché ogni interpretazione lo infrange. L’interpretazione è opera del Logos, ma il silenzio non è Logos e non essendolo, è vuoto di parola. Il silenzio è l’assenza di parola, anteriore alla parola. La parola è l’organo dell’essere e la sua primogenita. Il silenzio quindi sarà l’assenza dell’essere.

L’uomo nel silenzio fa l’esperienza del vuoto cioè della pura assenza. Non è l’assenza di un altro essere che ne sarebbe il complemento o il supplemento. È una specie di spazio vuoto che fa sì che la presenza dell’ente presente sia possibile e si possa muovere, esistere, per modo di dire e in ultima istanza, essere.

L’esperienza del vuoto è una scoperta che trasforma. Essa si trova allo stesso livello della scoperta della vita. Non rimaniamo gli stessi, anzi essa ci fa scoprire quello che veramente siamo, ci fa scoprire la profondità insondabile dell’essere, l’abisso insondabile, senza fondo della realtà che tutti noi siamo. Dove questo siamo, questo essere, viene integrato per così dire nell’orizzonte del vuoto. Non si vive la pienezza dell’essere se non nel vuoto. La scoperta del vuoto ci apre all’esperienza della libertà, niente ci costringe, neppure nell’ordine della pura consapevolezza. Il suo spazio vuoto. Il pensiero razionale deve seguire le leggi delle ragioni, il principio di non contraddizione e adeguarsi ai suoi oggetti, alle cose che pensa. Nel vuoto non ci sono cose: dov’è lo Spirito là è la libertà”.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Raimon Panikkar. (Foto: Centro Interculturale Raimon Panikkar)
"Sono partito cristiano, mi sono scoperto indù e ritorno buddhista, senza cessare per questo di essere cristiano." (Raimon Panikkar, "Il dialogo intrareligioso, Assisi 1988")
Pagina:
Tutte le immagini utilizzate negli articoli hanno il copyright scaduto o sono state distribuite liberamente in internet dagli autori (quando appurabile) o sono state prelevate e utilizzate nei limiti previsti dalla legge per le porzioni di opere a fine di commento/critica senza fine di lucro. Se un'immagine risultasse di vostra proprietà e voleste rimuoverla: contattatemi, dimostratemene la paternità e io la rimuoverò.
Comunità di Meditazione Interreligiosa Fiorentina
Email: cmif@altervista.org
Sito web: cmif.altervista.org
Versione: 1.5
Rilasciata il: 06/02/2014
Powered by Yii Framework.
Secured with Rights version 1.3.0.