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Radio Voce della Speranza

Lo Zefiro

Notiziario Interreligioso
Redazione: Marco Lazzeri
Telefono: 335.6415395
Pagina:
12/10/2019: Anno 2019 - Numero 15  File Pdf
Pubblicato il 15/10/2019
Sciopero per il Clima.
Sciopero per il Clima.
Care amiche e cari amici, ecco per voi un brano (non mio) sulla marcia per il Clima del 27 settembre. Il taglio è politico, portate pazienza, ma dice cose che mi sembrano condivisibili. REPORT ASSEMBLEA NAZIONALE Il movimento Fridays for Future Italia, rappresentato nella seconda assemblea a Napoli da oltre 80 assemblee locali, ha condiviso queste posizioni per rilanciare la lotta per la giustizia climatica. Per noi la giustizia climatica è la necessità che a pagare il prezzo della riconversione ecologica e sistemica sia chi fino ad oggi ha speculato sull’inquinamento della terra, sulle devastazioni ambientali, causando l’accelerazione del cambiamento climatico. I costi della riconversione non devono ricadere sui popoli che abitano nei Paesi del Sud del mondo. Siamo solidali con i e le migranti e con tutti i popoli indigeni. Siamo i/le giovani, e non solo, contro gli attuali potenti della terra, contro le multinazionali e contro chi detiene il potere economico e politico che non stanno facendo nulla in proposito. La giustizia climatica è per noi strettamente connessa alla giustizia sociale, la transizione ecologica dev’essere quindi accompagnata dalla redistribuzione delle ricchezze, vogliamo un mondo in cui i ricchi siano meno ricchi e i poveri meno poveri. Cambiare sistema e non il clima non è per noi uno slogan. Il cambio di sistema economico e di sviluppo è per noi un tema centrale e necessariamente connesso alla transizione verso un modello ecologico. Cambiare il sistema vuol dire anche non analizzare la questione ecologica come questione settoriale, ma riconoscere le forti connessioni che esistono con le lotte transfemministe, antirazziste e sociali legate ai temi del lavoro, della sanità e dell’istruzione e metterle in connessione. I criteri che chiediamo di rispettare a livello globale riguardo la parità di genere sono assunti anche nelle pratiche e nelle metodologie del nostro movimento. L’intersezionalità è una modalità di lettura che permette di leggere in termini analitici la società sistematizzando le diverse lotte e la molteplicità di oppressioni che caratterizzano il nostro sistema patriarcale, sessista, razzista, colonialista, machista e basato sulla logica dell’accumulazione e del profitto. Le nostre rivendicazioni come studenti si devono porre l’obiettivo di entrare in sintonia, e non in contraddizione, con i bisogni di lavoratrici e lavoratori, delle abitanti e degli abitanti delle nostre città, delle nostre province e di tutti i nostri territori. Ci lasciamo con la volontà di approfondire relazioni con la comunità scientifica, essendo consapevoli che i dati sono scientifici, ma le scelte sono politiche. Dobbiamo essere in grado di ripensare il sistema, nella sua totalità, senza lasciare indietro nessuna persona. La nostra casa è in fiamme, e noi stiamo spegnendo l’incendio consapevoli che una volta spento l’incendio la casa non potrà essere più la stessa. Vogliamo una casa che metta al centro il processo democratico e partecipativo ribaltando le logiche di potere che caratterizzano il nostro sistema. Non vogliamo più sussidi sui combustibili fossili, vogliamo una tassazione che colpisca i profitti della produzione e non solo il consumo. Pretendiamo l’obiettivo emissioni zero entro il 2030 per l’Italia. Vogliamo la decarbonizzazione totale entro il 2025 passando alla produzione energetica totalmente rinnovabile e organizzata democraticamente con le realtà territoriali. Siamo fermamente contrari a ogni infrastruttura legata ai combustibili fossili, come il metanodotto in Sardegna, la TAP. Chiediamo la dismissione nei tempi più rapidi possibili di ogni impianto inquinante attualmente operativo, come l’ILVA. Tutte le fonti inquinanti devono essere chiuse attivando tutte quelle bonifiche, sotto controllo popolare e pagate da chi fino ad oggi ha inquinato. Il nostro futuro è più importante del PIL. Le aziende inquinanti devono chiudere, ma devono essere garantiti posti di lavoro e tutele a tutte quelle persone coinvolte nella transizione. Non accettiamo il ricatto tra lavoro, salute e tutela dell’ambiente. Vogliamo un investimento nazionale su un trasporto pubblico sostenibile, accessibile a tutti e di qualità. Vogliamo dei trasporti a emissioni zero e necessariamente gratuiti. Un trasporto nazionale e territoriale che rispecchia i bisogni dei più, organizzato e pianificato secondo un processo di coinvolgimento democratico di tutte le abitanti e di tutti gli abitanti. Vogliamo un cambio di rotta sostanziale per quanto riguarda il sistema d’istruzione e il mondo della ricerca. Esigiamo un ripensamento della didattica in ottica ecologista e che si investa sulla ricerca riconoscendo il valore dei saperi nei processi trasformativi della realtà. Riconosciamo la centralità di scuole e università nel processo di cambio di sistema per il quale stiamo lottando. Non vogliamo che il MIUR faccia operazioni di greenwashing, ma che sospenda immediatamente ogni accordo con le multinazionali e con le aziende inquinanti. Ci dichiariamo contrari a ogni grande opera inutile e dannosa, intesa come infrastruttura, industria e progetto che devasta ambientalmente, economicamente e politicamente i territori senza coinvolgere gli abitanti nella propria autodeterminazione. Sosteniamo ogni battaglia territoriale portata avanti dai tanti comitati locali, come No-TAV per Val di Susa, No-Grandi navi per Venezia, no Muos per Catania e Siracusa, no TAP per Lecce e Stop biocidio per Napoli e la terra dei fuochi, Bagnoli Libera contro il commissariamento, la lotta all’Enel per Civitavecchia, la Snam per l’Abruzzo, il Terzo Valico per Alessandria. Rifiutiamo ogni speculazione sullo smaltimento dei rifiuti, sul consumo del suolo e quelle infrastrutture che causano dissesto idrogeologico. Pretendiamo che l’unica grande opera da portare avanti sia la bonifica e la messa in sicurezza dei territori. Non possiamo inoltre ignorare che l’agricoltura industriale svolga un grande ruolo nei cambiamenti climatici, nella devastazione ambientale e nello sfruttamento delle persone: le monocolture e anche l’allevamento intensivo sono modelli del tutto insostenibili che vanno fermate nel più breve tempo possibile. Vogliamo che venga dichiarata l’emergenza climatica ed ecologica nazionale, consapevoli che non può essere solamente un’opera di greenwashing della politica. La dichiarazione di emergenza climatica dev’essere fin da subito uno strumento trasformativo del presente. Un passo che dà forza al nostro movimento, senza però mai dimenticare che la vera alternativa è quella che tutti i giorni pratichiamo nei nostri territori e quella che narriamo nelle nostre iniziative. Dobbiamo rendere complementari le pratiche di autogestione ecologista con le forti richieste che facciamo alla politica. Non siamo disposti a scendere a compromessi, non vogliamo contrattare, vogliamo l’attuazione di ogni nostra rivendicazione per garantirci un futuro, ma siamo consapevoli che lo vogliamo ora, nel presente perché non c’è più tempo. Fridays for Future è un movimento orizzontale, inclusivo e democratico. Ripudiamo il fascismo in quanto ideologia antidemocratica e violenta. Rivendichiamo l’autonomia e sovranità delle assemblee locali, in quanto linfa vitale del nostro movimento e di cui le assemblee locali sono gli spazi decisionali. Crediamo infatti che la forma assembleare garantisca un modello decisionale partecipativo, aperto e orizzontale. Dalle assemblee locali infatti devono emergere le esigenze di mobilitazione, di organizzazione e di approfondimento. L’altro spazio decisionale collettivamente riconosciuto è l’assemblea nazionale, riconosciuto come spazio decisionale dove prendere decisioni specifiche di interesse nazionale e che serva per dare le linee guida da seguire. Lanciamo il quarto sciopero globale per il 29 novembre, proponendolo a livello internazionale sotto lo slogan “block the planet”. Quella giornata di mobilitazione ci permetterà di sperimentare le tante pratiche discusse in questi giorni, come le pratiche di blocco e di disobbedienza civile caratterizzate dalla partecipazione pacifica e di massa. Sosteniamo e saremo presenti alle mobilitazioni che lanceranno le realtà locali a Napoli a dicembre in concomitanza con la Cop Mediterranea, incontro interministeriale sul tema dei cambiamenti climatici dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Usciamo da questa assemblea nazionale con la consapevolezza di essere in grado, insieme, di cambiare il sistema. Non siamo disposti ad arrenderci, noi siamo la resistenza. Grazie a tutti Marco [Leggi]
Care amiche e cari amici,

ecco per voi un brano (non mio) sulla marcia per il Clima del 27 settembre.

Il taglio è politico, portate pazienza, ma dice cose che mi sembrano condivisibili.

REPORT ASSEMBLEA NAZIONALE

Il movimento Fridays for Future Italia, rappresentato nella seconda assemblea a Napoli da oltre 80 assemblee locali, ha condiviso queste posizioni per rilanciare la lotta per la giustizia climatica.

Per noi la giustizia climatica è la necessità che a pagare il prezzo della riconversione ecologica e sistemica sia chi fino ad oggi ha speculato sull’inquinamento della terra, sulle devastazioni ambientali, causando l’accelerazione del cambiamento climatico. I costi della riconversione non devono ricadere sui popoli che abitano nei Paesi del Sud del mondo. Siamo solidali con i e le migranti e con tutti i popoli indigeni.

Siamo i/le giovani, e non solo, contro gli attuali potenti della terra, contro le multinazionali e contro chi detiene il potere economico e politico che non stanno facendo nulla in proposito. La giustizia climatica è per noi strettamente connessa alla giustizia sociale, la transizione ecologica dev’essere quindi accompagnata dalla redistribuzione delle ricchezze, vogliamo un mondo in cui i ricchi siano meno ricchi e i poveri meno poveri. Cambiare sistema e non il clima non è per noi uno slogan. Il cambio di sistema economico e di sviluppo è per noi un tema centrale e necessariamente connesso alla transizione verso un modello ecologico.

Cambiare il sistema vuol dire anche non analizzare la questione ecologica come questione settoriale, ma riconoscere le forti connessioni che esistono con le lotte transfemministe, antirazziste e sociali legate ai temi del lavoro, della sanità e dell’istruzione e metterle in connessione. I criteri che chiediamo di rispettare a livello globale riguardo la parità di genere sono assunti anche nelle pratiche e nelle metodologie del nostro movimento. L’intersezionalità è una modalità di lettura che permette di leggere in termini analitici la società sistematizzando le diverse lotte e la molteplicità di oppressioni che caratterizzano il nostro sistema patriarcale, sessista, razzista, colonialista, machista e basato sulla logica dell’accumulazione e del profitto.

Le nostre rivendicazioni come studenti si devono porre l’obiettivo di entrare in sintonia, e non in contraddizione, con i bisogni di lavoratrici e lavoratori, delle abitanti e degli abitanti delle nostre città, delle nostre province e di tutti i nostri territori. Ci lasciamo con la volontà di approfondire relazioni con la comunità scientifica, essendo consapevoli che i dati sono scientifici, ma le scelte sono politiche.

Dobbiamo essere in grado di ripensare il sistema, nella sua totalità, senza lasciare indietro nessuna persona. La nostra casa è in fiamme, e noi stiamo spegnendo l’incendio consapevoli che una volta spento l’incendio la casa non potrà essere più la stessa.

Vogliamo una casa che metta al centro il processo democratico e partecipativo ribaltando le logiche di potere che caratterizzano il nostro sistema.

Non vogliamo più sussidi sui combustibili fossili, vogliamo una tassazione che colpisca i profitti della produzione e non solo il consumo. Pretendiamo l’obiettivo emissioni zero entro il 2030 per l’Italia.

Vogliamo la decarbonizzazione totale entro il 2025 passando alla produzione energetica totalmente rinnovabile e organizzata democraticamente con le realtà territoriali.

Siamo fermamente contrari a ogni infrastruttura legata ai combustibili fossili, come il metanodotto in Sardegna, la TAP. Chiediamo la dismissione nei tempi più rapidi possibili di ogni impianto inquinante attualmente operativo, come l’ILVA.

Tutte le fonti inquinanti devono essere chiuse attivando tutte quelle bonifiche, sotto controllo popolare e pagate da chi fino ad oggi ha inquinato. Il nostro futuro è più importante del PIL. Le aziende inquinanti devono chiudere, ma devono essere garantiti posti di lavoro e tutele a tutte quelle persone coinvolte nella transizione. Non accettiamo il ricatto tra lavoro, salute e tutela dell’ambiente.

Vogliamo un investimento nazionale su un trasporto pubblico sostenibile, accessibile a tutti e di qualità. Vogliamo dei trasporti a emissioni zero e necessariamente gratuiti. Un trasporto nazionale e territoriale che rispecchia i bisogni dei più, organizzato e pianificato secondo un processo di coinvolgimento democratico di tutte le abitanti e di tutti gli abitanti.

Vogliamo un cambio di rotta sostanziale per quanto riguarda il sistema d’istruzione e il mondo della ricerca.

Esigiamo un ripensamento della didattica in ottica ecologista e che si investa sulla ricerca riconoscendo il valore dei saperi nei processi trasformativi della realtà. Riconosciamo la centralità di scuole e università nel processo di cambio di sistema per il quale stiamo lottando. Non vogliamo che il MIUR faccia operazioni di greenwashing, ma che sospenda immediatamente ogni accordo con le multinazionali e con le aziende inquinanti.

Ci dichiariamo contrari a ogni grande opera inutile e dannosa, intesa come infrastruttura, industria e progetto che devasta ambientalmente, economicamente e politicamente i territori senza coinvolgere gli abitanti nella propria autodeterminazione. Sosteniamo ogni battaglia territoriale portata avanti dai tanti comitati locali, come No-TAV per Val di Susa, No-Grandi navi per Venezia, no Muos per Catania e Siracusa, no TAP per Lecce e Stop biocidio per Napoli e la terra dei fuochi, Bagnoli Libera contro il commissariamento, la lotta all’Enel per Civitavecchia, la Snam per l’Abruzzo, il Terzo Valico per Alessandria. Rifiutiamo ogni speculazione sullo smaltimento dei rifiuti, sul consumo del suolo e quelle infrastrutture che causano dissesto idrogeologico.

Pretendiamo che l’unica grande opera da portare avanti sia la bonifica e la messa in sicurezza dei territori.

Non possiamo inoltre ignorare che l’agricoltura industriale svolga un grande ruolo nei cambiamenti climatici, nella devastazione ambientale e nello sfruttamento delle persone: le monocolture e anche l’allevamento intensivo sono modelli del tutto insostenibili che vanno fermate nel più breve tempo possibile.

Vogliamo che venga dichiarata l’emergenza climatica ed ecologica nazionale, consapevoli che non può essere solamente un’opera di greenwashing della politica. La dichiarazione di emergenza climatica dev’essere fin da subito uno strumento trasformativo del presente. Un passo che dà forza al nostro movimento, senza però mai dimenticare che la vera alternativa è quella che tutti i giorni pratichiamo nei nostri territori e quella che narriamo nelle nostre iniziative. Dobbiamo rendere complementari le pratiche di autogestione ecologista con le forti richieste che facciamo alla politica.

Non siamo disposti a scendere a compromessi, non vogliamo contrattare, vogliamo l’attuazione di ogni nostra rivendicazione per garantirci un futuro, ma siamo consapevoli che lo vogliamo ora, nel presente perché non c’è più tempo.

Fridays for Future è un movimento orizzontale, inclusivo e democratico. Ripudiamo il fascismo in quanto ideologia antidemocratica e violenta. Rivendichiamo l’autonomia e sovranità delle assemblee locali, in quanto linfa vitale del nostro movimento e di cui le assemblee locali sono gli spazi decisionali.

Crediamo infatti che la forma assembleare garantisca un modello decisionale partecipativo, aperto e orizzontale. Dalle assemblee locali infatti devono emergere le esigenze di mobilitazione, di organizzazione e di approfondimento.

L’altro spazio decisionale collettivamente riconosciuto è l’assemblea nazionale, riconosciuto come spazio decisionale dove prendere decisioni specifiche di interesse nazionale e che serva per dare le linee guida da seguire.

Lanciamo il quarto sciopero globale per il 29 novembre, proponendolo a livello internazionale sotto lo slogan “block the planet”. Quella giornata di mobilitazione ci permetterà di sperimentare le tante pratiche discusse in questi giorni, come le pratiche di blocco e di disobbedienza civile caratterizzate dalla partecipazione pacifica e di massa.

Sosteniamo e saremo presenti alle mobilitazioni che lanceranno le realtà locali a Napoli a dicembre in concomitanza con la Cop Mediterranea, incontro interministeriale sul tema dei cambiamenti climatici dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Usciamo da questa assemblea nazionale con la consapevolezza di essere in grado, insieme, di cambiare il sistema. Non siamo disposti ad arrenderci, noi siamo la resistenza.

Grazie a tutti

Marco [Chiudi]
Sciopero per il Clima.
"Al mondo la sfortuna non esiste, esiste solo l’uomo bianco." (Toni Morrison pseudonimo di Chloe Ardelia Wofford)
Allegati Allegati: Zefiro.2019.15
28/09/2019: Anno 2019 - Numero 14  File Pdf
Pubblicato il 15/10/2019
Responsabilità.
Responsabilità.
Care amiche e cari amici, parlare di responsabilità può sembrare un tema fin abusato, se ne parla infatti molto in vari ambiti e per varie motivazioni. Nel senso di “dovere” quando si ha una responsabilità di obbligo verso qualcosa o qualcuno o in termini di “volere” quando mi prendo responsabilità in un ambito che mi interessa e che sento particolarmente mio o di interesse o competenza. Esiste secondo me anche un altro ambito (e qui sono personalmente un po’ più carente) che è quello del poter prendersi la responsabilità, di aver raggiunto quel punto in cui me ne posso prendere attenzione, senza sentirmi caricato di pesi, perché è già diventata, prima ancora che me ne sia reso conto, una parte sostanziale della mia vita. Al di là del dovere e del volere, c’è un momento in cui si compie come un salto nell’essere, si va oltre le brame. E qui si arriva a incontrare il prendersi cura, nell’avere la consapevolezza di cosa questo comporta e si percepisce cosa è nella dimensione sottile e spirituale la responsabilità verso lo stato d’essere. Che sia una persona o una pianta non fa differenza tangibile per la visione esistenziale del dare, del sostenere, del nutrire e dell’accompagnare (certo nel caso delle persone è molto più complesso perché si attivano molte dinamiche dell’ego, aspettative, dolori, competizioni…). Le esistenze delle vite si incontrano e si intrecciano diventando un unicum inscindibile, c’è l’incontro animico, che trascende, che arriva da un oltre, c’è la mano che si tocca e il viaggio prosegue in un modo nuovo, che prima non si conosceva. Non c’è fatica o disagio, non c’è noia o appesantimento nel cammino obbligante, anzi, l’impegno diventa leggerezza nella gioiosità di una danza, la propria danza dove finalmente si raggiunge il senso, quel senso della vita che si adagia nella pace di un orizzonte sconfinato, dove posso respirare socchiudendo gli occhi e tutto mi abbraccia. Si guarda oltre con leggerezza e con una prospettiva che diventa duale con l’altro. Può essere il cammino di don Milani con i suoi scolari? è l’esperienza di un incontro con l’altro che diventa incontro con me stesso, con il mistero di essere vivo che risponde al “ma che ci faccio qui su questo mondo?”, è la responsabilità che si invera nell’amore che non chiede, che non ha aspettative, dell’amore per l’altro che poi sono io riflesso nel grande specchio dell’essere. La responsabilità senza una motivazione materiale diventa responsabilità di senso vivo che porta al dispiegamento del perché esisto. Si va al di là del servizio per l’altro. Si entra in una piccola eternità. Grazie a tutti Marco [Leggi]
Care amiche e cari amici,

parlare di responsabilità può sembrare un tema fin abusato, se ne parla infatti molto in vari ambiti e per varie motivazioni. Nel senso di “dovere” quando si ha una responsabilità di obbligo verso qualcosa o qualcuno o in termini di “volere” quando mi prendo responsabilità in un ambito che mi interessa e che sento particolarmente mio o di interesse o competenza. Esiste secondo me anche un altro ambito (e qui sono personalmente un po’ più carente) che è quello del poter prendersi la responsabilità, di aver raggiunto quel punto in cui me ne posso prendere attenzione, senza sentirmi caricato di pesi, perché è già diventata, prima ancora che me ne sia reso conto, una parte sostanziale della mia vita. Al di là del dovere e del volere, c’è un momento in cui si compie come un salto nell’essere, si va oltre le brame. E qui si arriva a incontrare il prendersi cura, nell’avere la consapevolezza di cosa questo comporta e si percepisce cosa è nella dimensione sottile e spirituale la responsabilità verso lo stato d’essere. Che sia una persona o una pianta non fa differenza tangibile per la visione esistenziale del dare, del sostenere, del nutrire e dell’accompagnare (certo nel caso delle persone è molto più complesso perché si attivano molte dinamiche dell’ego, aspettative, dolori, competizioni…). Le esistenze delle vite si incontrano e si intrecciano diventando un unicum inscindibile, c’è l’incontro animico, che trascende, che arriva da un oltre, c’è la mano che si tocca e il viaggio prosegue in un modo nuovo, che prima non si conosceva. Non c’è fatica o disagio, non c’è noia o appesantimento nel cammino obbligante, anzi, l’impegno diventa leggerezza nella gioiosità di una danza, la propria danza dove finalmente si raggiunge il senso, quel senso della vita che si adagia nella pace di un orizzonte sconfinato, dove posso respirare socchiudendo gli occhi e tutto mi abbraccia. Si guarda oltre con leggerezza e con una prospettiva che diventa duale con l’altro. Può essere il cammino di don Milani con i suoi scolari? è l’esperienza di un incontro con l’altro che diventa incontro con me stesso, con il mistero di essere vivo che risponde al “ma che ci faccio qui su questo mondo?”, è la responsabilità che si invera nell’amore che non chiede, che non ha aspettative, dell’amore per l’altro che poi sono io riflesso nel grande specchio dell’essere. La responsabilità senza una motivazione materiale diventa responsabilità di senso vivo che porta al dispiegamento del perché esisto. Si va al di là del servizio per l’altro. Si entra in una piccola eternità.

Grazie a tutti

Marco [Chiudi]
Responsabilità.
"Gli occhi vedono soltanto ciò che la mente è pronta a comprendere." (Henri Bergson)
Allegati Allegati: Zefiro.2019.14
14/09/2019: Anno 2019 - Numero 13  File Pdf
Pubblicato il 20/09/2019
Piscina.
Piscina.
Care amiche e cari amici, questa estate come sicuramente molti di voi ero in piscina, una piccola piscina all’aperto, affacciata su un panorama campestre. Un bel posto, simile a quello della foto. Avvicinandomi ho notato che l’acqua non era immobile ma con piccole onde che nascevano proprio dall’interno dello specchio d’acqua. Mi sono avvicinato e ho visto insetti che erano caduti in qualche modo in acqua e si agitavano perché non riuscivano ad uscire, mentre altri erano già annegati e quindi immobili. Ho avvicinato la mano ad uno di quelli che annaspavano e appena l’ho messa in contatto con il corpo dell’animale ho sentito evidente la stretta delle zampette che afferravano la possibilità di un approdo, di uscire da una situazione di grande difficoltà. Mi è sembrata la stretta di quando si trova un appiglio di salvezza. Pur così piccolo sentivo in lui la grande forza generata dalla disperazione e dalla speranza. Si è attaccato al mio dito e l’ho messo sul bordo della piscina. Grondante, distendeva le ali per asciugarsi al sole e riprendersi. Dopo un poco è riuscito a prendere il volo ed è sparito in un attimo nell’aria, libero. Di nuovo in corsa, nella vita che si riapriva all’esistere, in un’altra possibilità offertagli. Mi sono sentito felice, come consapevole di un aiuto che ha dato frutto. Tutto molto piccolo, minuscolo, quasi insignificante, certo, ma non per l’insetto, per lui era vita vera. Ho fatto la stessa cosa con gli altri in difficoltà e non potevo non pensare vedendo quegli esseri così piccoli, alle persone che annegano purtroppo tuttora in mare e alle quali è negato aiuto, non graditi perché non utili, visti come scarti indesiderabili perché troppi e inutilmente costosi. Vedevo quelle mani affioranti dalle onde e che poi scompaiono, rifiutate. Chi si crede padrone della vita e di poterne disporre per suo uso e profitto, è anche colui che decide se far sopravvivere o lasciar morire. Chi si crede dio per un momento, dovrà accogliere la verità nascosta nel suo essere, che si manifesterà quando la vita fuggendo da lui non concederà tempo per trovare un primario luminare in grado di allungarla di un solo istante, mentre la disperazione di chi ha sofferto per sua mano sarà davanti ai suoi occhi, bagnati dalle lacrime del terrore della solitudine, ma purtroppo ormai sarà tardi per tutto. Leggevo infatti in grandi libri di sapienza che nel momento della fine si rivede in pochi lunghissimi istanti tutta la vita e ogni più piccola azione rievoca il sentire profondo, adesso divenuto consapevole, che l’ha generata. E’ l’amore che può salvare, se non so amare almeno che mi eserciti ad amare per… mio egoismo! Perché solo da lì credo possa venire del bene, solo da lì può nascere un senso. Come essere spirituale rivestito di materia, ho la possibilità di interagire con quella materia solo per cogliere opportunità di aiuto e servizio a favore degli altri, il resto lo perderò in quanto inutile vanità. Grazie a tutti Marco [Leggi]
Care amiche e cari amici,

questa estate come sicuramente molti di voi ero in piscina, una piccola piscina all’aperto, affacciata su un panorama campestre. Un bel posto, simile a quello della foto. Avvicinandomi ho notato che l’acqua non era immobile ma con piccole onde che nascevano proprio dall’interno dello specchio d’acqua. Mi sono avvicinato e ho visto insetti che erano caduti in qualche modo in acqua e si agitavano perché non riuscivano ad uscire, mentre altri erano già annegati e quindi immobili. Ho avvicinato la mano ad uno di quelli che annaspavano e appena l’ho messa in contatto con il corpo dell’animale ho sentito evidente la stretta delle zampette che afferravano la possibilità di un approdo, di uscire da una situazione di grande difficoltà. Mi è sembrata la stretta di quando si trova un appiglio di salvezza. Pur così piccolo sentivo in lui la grande forza generata dalla disperazione e dalla speranza. Si è attaccato al mio dito e l’ho messo sul bordo della piscina. Grondante, distendeva le ali per asciugarsi al sole e riprendersi. Dopo un poco è riuscito a prendere il volo ed è sparito in un attimo nell’aria, libero. Di nuovo in corsa, nella vita che si riapriva all’esistere, in un’altra possibilità offertagli. Mi sono sentito felice, come consapevole di un aiuto che ha dato frutto. Tutto molto piccolo, minuscolo, quasi insignificante, certo, ma non per l’insetto, per lui era vita vera. Ho fatto la stessa cosa con gli altri in difficoltà e non potevo non pensare vedendo quegli esseri così piccoli, alle persone che annegano purtroppo tuttora in mare e alle quali è negato aiuto, non graditi perché non utili, visti come scarti indesiderabili perché troppi e inutilmente costosi. Vedevo quelle mani affioranti dalle onde e che poi scompaiono, rifiutate. Chi si crede padrone della vita e di poterne disporre per suo uso e profitto, è anche colui che decide se far sopravvivere o lasciar morire. Chi si crede dio per un momento, dovrà accogliere la verità nascosta nel suo essere, che si manifesterà quando la vita fuggendo da lui non concederà tempo per trovare un primario luminare in grado di allungarla di un solo istante, mentre la disperazione di chi ha sofferto per sua mano sarà davanti ai suoi occhi, bagnati dalle lacrime del terrore della solitudine, ma purtroppo ormai sarà tardi per tutto. Leggevo infatti in grandi libri di sapienza che nel momento della fine si rivede in pochi lunghissimi istanti tutta la vita e ogni più piccola azione rievoca il sentire profondo, adesso divenuto consapevole, che l’ha generata.

E’ l’amore che può salvare, se non so amare almeno che mi eserciti ad amare per… mio egoismo! Perché solo da lì credo possa venire del bene, solo da lì può nascere un senso. Come essere spirituale rivestito di materia, ho la possibilità di interagire con quella materia solo per cogliere opportunità di aiuto e servizio a favore degli altri, il resto lo perderò in quanto inutile vanità.

Grazie a tutti

Marco [Chiudi]
Piscina.
"Dentro ad un abbraccio puoi fare di tutto, sorridere e piangere, rinascere e morire. Oppure fermarti a tremarci dentro come fosse l'ultimo." (Charles Bukowski)
Allegati Allegati: Zefiro.2019.13
22/06/2019: Anno 2019 - Numero 12  File Pdf
Pubblicato il 22/06/2019
Il bisogno di pensare – Vito Mancuso.
Il bisogno di pensare – Vito Mancuso.
Care amiche e cari amici, dedico questo numero ad un brano di Vito Mancuso dal suo “Il bisogno di pensare” dove parla del silenzio (pag. 152 e seguenti). “Il bisogno di pensare rimanda al primato della parola e alla mente che pensa, e che così elabora saggezza e sapienza; il bisogno di non pensare rimanda al primato del silenzio e alla mente che non pensa, e che così ritorna ad essere spensierata approdando al silenzio interiore. Viviamo di parole e silenzi, e abbiamo bisogno di entrambi, ma che cosa ha il primato nella vita: la parola o il silenzio? Quale dei due offre il più solido sostegno vitale? Quale dei due ci è più necessario per vivere? Si può affrontare adeguatamente il problema sollevato solo se si chiarisce prima che cosa si intende per silenzio. Pongo quindi tre domande per cercare di circoscrivere e penetrare tale fenomeno: cosa è il silenzio? Quale è il suo contrario? Cosa si ottiene facendo silenzio? In questo paragrafo mi occupo della prima domanda e nell’affrontarla seguo lo stile diffuso tra i gesuiti che si dice siano soliti iniziare la risposta ponendo un’altra domanda. Sicché alla domanda sulla natura del silenzio faccio seguire quest’altra: un sasso può fare silenzio? La mia risposta è no: un sasso è muto, non può parlare e quindi non può fare silenzio. Intendo sostenere che il silenzio degli esseri umani non è mera assenza di parola o di suono; il silenzio inteso come stile da far assumere alla mente e grazie a cui è possibile pensare, è scelta, disposizione, volontà. Volontà di che? Di porre in primo piano l’ascolto. Il silenzio degli esseri umani è un’opzione della libertà, e per questo non è mai senza il verbo, anzitutto il verbo fare, ma poi anche altri verbi come rispettare, sentire, ascoltare, contemplare, imporre, rompere… Al contrario degli oggetti privi di parola che on possono fare silenzio, nell’ambito umano si accede al silenzio e alla dimensione dell’essere che esso dischiude solo sapendolo e volendolo fare: si sta in silenzio, si rimane in silenzio, si mantiene il silenzio, si custodisce il silenzio. Ben lungi dall’essere mutismo, il silenzio degli esseri umani appare perciò come una articolazione del logos, come una forma più consapevole, più avvertita, più socievole, di relazione con gli altri e, ancora più profon-damente, con sé. (…) Che cosa si ottiene quindi facendo silenzio? La mia risposta è che si ottengo soprattutto due cose: una purificazione della mente e una purificazione del pensiero che ne procede per una più matura visione di noi stessi e del mondo. Il punto più importante è il primo: la purificazione della mente, la sua bonifica dal rumore di fondo da cui fuoriescono pensieri-fastidi, pensieri-paranoie, pensieri-ossessioni. A questo livello il silenzio rimuove, pulisce, bonifica, risana. La sua pratica è igiene, disinfezione, disinfestazione”. Grazie a tutti Marco [Leggi]
Care amiche e cari amici,

dedico questo numero ad un brano di Vito Mancuso dal suo “Il bisogno di pensare” dove parla del silenzio (pag. 152 e seguenti).

“Il bisogno di pensare rimanda al primato della parola e alla mente che pensa, e che così elabora saggezza e sapienza; il bisogno di non pensare rimanda al primato del silenzio e alla mente che non pensa, e che così ritorna ad essere spensierata approdando al silenzio interiore. Viviamo di parole e silenzi, e abbiamo bisogno di entrambi, ma che cosa ha il primato nella vita: la parola o il silenzio? Quale dei due offre il più solido sostegno vitale? Quale dei due ci è più necessario per vivere?

Si può affrontare adeguatamente il problema sollevato solo se si chiarisce prima che cosa si intende per silenzio. Pongo quindi tre domande per cercare di circoscrivere e penetrare tale fenomeno: cosa è il silenzio? Quale è il suo contrario? Cosa si ottiene facendo silenzio?

In questo paragrafo mi occupo della prima domanda e nell’affrontarla seguo lo stile diffuso tra i gesuiti che si dice siano soliti iniziare la risposta ponendo un’altra domanda. Sicché alla domanda sulla natura del silenzio faccio seguire quest’altra: un sasso può fare silenzio? La mia risposta è no: un sasso è muto, non può parlare e quindi non può fare silenzio. Intendo sostenere che il silenzio degli esseri umani non è mera assenza di parola o di suono; il silenzio inteso come stile da far assumere alla mente e grazie a cui è possibile pensare, è scelta, disposizione, volontà. Volontà di che? Di porre in primo piano l’ascolto. Il silenzio degli esseri umani è un’opzione della libertà, e per questo non è mai senza il verbo, anzitutto il verbo fare, ma poi anche altri verbi come rispettare, sentire, ascoltare, contemplare, imporre, rompere… Al contrario degli oggetti privi di parola che on possono fare silenzio, nell’ambito umano si accede al silenzio e alla dimensione dell’essere che esso dischiude solo sapendolo e volendolo fare: si sta in silenzio, si rimane in silenzio, si mantiene il silenzio, si custodisce il silenzio. Ben lungi dall’essere mutismo, il silenzio degli esseri umani appare perciò come una articolazione del logos, come una forma più consapevole, più avvertita, più socievole, di relazione con gli altri e, ancora più profon-damente, con sé.

(…) Che cosa si ottiene quindi facendo silenzio? La mia risposta è che si ottengo soprattutto due cose: una purificazione della mente e una purificazione del pensiero che ne procede per una più matura visione di noi stessi e del mondo. Il punto più importante è il primo: la purificazione della mente, la sua bonifica dal rumore di fondo da cui fuoriescono pensieri-fastidi, pensieri-paranoie, pensieri-ossessioni. A questo livello il silenzio rimuove, pulisce, bonifica, risana. La sua pratica è igiene, disinfezione, disinfestazione”.

Grazie a tutti

Marco [Chiudi]
Il bisogno di pensare – Vito Mancuso.
"Amare sé stessi è un grande atto di umiltà, di conciliazione con i propri limiti, le proprie paure e le proprie insufficienze. o." (https://it.wikipedia.org/wiki/Vito_Mancuso)
Allegati Allegati: Zefiro.2019.12
08/06/2019: Anno 2019 - Numero 11  File Pdf
Pubblicato il 07/06/2019
Notre Dame de Paris.
Notre Dame de Paris.
Care amiche e cari amici, poco tempo fa si è consumato un avvenimento drammatico: Notre Dame avvolta dalle fiamme, brucia inesorabilmente per una intera notte. Evento em blematico che mi evoca molte immagini del nostro tempo. Quasi contemporaneamente a Gerusalemme, oltre un centinaio di coloni israeliani invadevano l’area della Moschea Al-Aqsa, terzo luogo più sacro per l’Islam, durante la festività ebraica della Pasqua e il tetto del tempio musulmano ha poi preso fuoco come quello di Parigi. Ma di questo nessuno parla, non interessa il dolore del vicino? Invece siamo così atterriti ad accadimenti a noi prossimi. Ma ne siamo sinceramente atterriti? L’incendio di Parigi è accaduto durante lavori di restauro che non si riuscivano a finanziare; occorrevano un centinaio di milioni di euro e non si trovavano; poi dopo l’incendio tantissime aziende e privati concorrono alle donazioni ora che i riflettori sono accesi e tutto è ben visibile e si raccoglie in poco tempo quasi un miliardo (!). Viene in mente la parabola del fariseo ipocrita che dona al tempio una piccola parte del suo denaro quando tutti lo guardano, mentre la vedova dona il solo obolo che possiede quando nessuno la vede. Mondo falso il nostro, attento alle opportunità e alle convenienze dove ogni cosa diventa affare e tornaconto: chi considera come unico valore il denaro, per quello tutto fa… Un mondo ostaggio del conformismo e del politicamente corretto, di una visione del mondo confacente a chi dispone cosa è conveniente che si creda. Le cattedrali bruciano per noncuranza della conservazione materiale del tempio che già prima ha perso ahimè il valore fondante della sacralità, trovando successivamente quella convenienza economica o politica che non aveva luogo di esistere lontano dalla emergenza mediatica. Leggendo tutto questo in modo figurativo ed esoterico, nell’annunciato disvelamento profetico di un nuovo battesimo del fuoco e non più dell’acqua, i templi di varie religioni crollano, aprendosi verso il cielo in un cammino iniziatico che collega nuovamente la terra dei viventi al divino, ricreando quella connessione ormai negata da strutture troppo grevi che oscurano la Luce che dovrebbero invece annunciare e impediscono il cammino di fede e di trasformazione salvifica verso dimensioni alte che chiamano i viventi all’esistenza spirituale, scopo profondo e misterioso del loro essere nel mondo. La storia racconta anche che in Francia molte sono le chiese, e 11 di queste sono cattedrali, che sono appellate “Notre Dame” costruite circa nel XII secolo da Templari e Catari, che in origine erano da loro dedicate a Santa Maria Maddalena, ma successivamente destinate dalla Chiesa (una volta annientati nel sangue questi ordini) in onore della Madonna, figura evidentemente meno controversa e imbarazzante di quella Maddalena, vista nei secoli bui come volgare prostituta, seppur tanto amata, negli Apocrifi, dal Maestro, la quale, nella tradizione occulta, indica all’umanità l’apertura al sacro nel cammino verso il cielo e verso la buona novella dell’amore. Mi sforzo quindi di comprendere questo incendio drammatico e imponente, come simbolo nascosto alla vista di molti, nel significato che indica al cuore la via e la prospettiva del giusto distacco dalla materialità del vivere, della ricerca dell’Assoluto lontano dalla polvere della meschinità e delle convenienze pelose. Grazie a tutti Marco [Leggi]
Care amiche e cari amici,

poco tempo fa si è consumato un avvenimento drammatico: Notre Dame avvolta dalle fiamme, brucia inesorabilmente per una intera notte. Evento em blematico che mi evoca molte immagini del nostro tempo. Quasi contemporaneamente a Gerusalemme, oltre un centinaio di coloni israeliani invadevano l’area della Moschea Al-Aqsa, terzo luogo più sacro per l’Islam, durante la festività ebraica della Pasqua e il tetto del tempio musulmano ha poi preso fuoco come quello di Parigi. Ma di questo nessuno parla, non interessa il dolore del vicino? Invece siamo così atterriti ad accadimenti a noi prossimi. Ma ne siamo sinceramente atterriti? L’incendio di Parigi è accaduto durante lavori di restauro che non si riuscivano a finanziare; occorrevano un centinaio di milioni di euro e non si trovavano; poi dopo l’incendio tantissime aziende e privati concorrono alle donazioni ora che i riflettori sono accesi e tutto è ben visibile e si raccoglie in poco tempo quasi un miliardo (!). Viene in mente la parabola del fariseo ipocrita che dona al tempio una piccola parte del suo denaro quando tutti lo guardano, mentre la vedova dona il solo obolo che possiede quando nessuno la vede. Mondo falso il nostro, attento alle opportunità e alle convenienze dove ogni cosa diventa affare e tornaconto: chi considera come unico valore il denaro, per quello tutto fa… Un mondo ostaggio del conformismo e del politicamente corretto, di una visione del mondo confacente a chi dispone cosa è conveniente che si creda. Le cattedrali bruciano per noncuranza della conservazione materiale del tempio che già prima ha perso ahimè il valore fondante della sacralità, trovando successivamente quella convenienza economica o politica che non aveva luogo di esistere lontano dalla emergenza mediatica.

Leggendo tutto questo in modo figurativo ed esoterico, nell’annunciato disvelamento profetico di un nuovo battesimo del fuoco e non più dell’acqua, i templi di varie religioni crollano, aprendosi verso il cielo in un cammino iniziatico che collega nuovamente la terra dei viventi al divino, ricreando quella connessione ormai negata da strutture troppo grevi che oscurano la Luce che dovrebbero invece annunciare e impediscono il cammino di fede e di trasformazione salvifica verso dimensioni alte che chiamano i viventi all’esistenza spirituale, scopo profondo e misterioso del loro essere nel mondo.

La storia racconta anche che in Francia molte sono le chiese, e 11 di queste sono cattedrali, che sono appellate “Notre Dame” costruite circa nel XII secolo da Templari e Catari, che in origine erano da loro dedicate a Santa Maria Maddalena, ma successivamente destinate dalla Chiesa (una volta annientati nel sangue questi ordini) in onore della Madonna, figura evidentemente meno controversa e imbarazzante di quella Maddalena, vista nei secoli bui come volgare prostituta, seppur tanto amata, negli Apocrifi, dal Maestro, la quale, nella tradizione occulta, indica all’umanità l’apertura al sacro nel cammino verso il cielo e verso la buona novella dell’amore. Mi sforzo quindi di comprendere questo incendio drammatico e imponente, come simbolo nascosto alla vista di molti, nel significato che indica al cuore la via e la prospettiva del giusto distacco dalla materialità del vivere, della ricerca dell’Assoluto lontano dalla polvere della meschinità e delle convenienze pelose.

Grazie a tutti

Marco [Chiudi]
Notre Dame de Paris.
"“Il movimento dalla certezza al non bisogno di certezza è la libertà”." (Jiddu Krishnamurti)
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Versione: 1.5
Rilasciata il: 06/02/2014
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