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Radio Voce della Speranza

Lo Zefiro

Notiziario Interreligioso
Redazione: Marco Lazzeri
Telefono: 335.6415395
Pagina:
19/06/2021: Anno 2021 - Numero 12  File Pdf
Pubblicato il 19/06/2021
Cambiamento.
Cambiamento.
Care amiche e cari amici, siamo arrivati all’estate e questo è l’ultimo numero prima del periodo di piacevole riposo e svago che auguro a tutti. Non abbiamo certamente vissuto un periodo facile in questi ultimi mesi, e ne hanno sofferto soprattutto le relazioni, con un grave sfilacciamento dei rapporti personali e sociali. E’ stato un tempo tragico, di cui solo più avanti potremo tracciare i contorni più chiari. Stare in una sorta di emergenza, per quanto a mio giudizio in gran parte artificiosa e strumentale, ha portato ad una frantumazione dei gruppi e delle relazioni personali, che nel “da remoto”, pur con tutto l’ausilio della tecnologia, hanno comunque dimostrato limiti e criticità. Anche la Comunità Interreligiosa non ne è stata esente, anche se ha proseguito in qualche modo gli incontri con tutti i mezzi possibili, con determinazione e affettuosità davvero palpabili. Ci ha aiutato la regolarità nella meditazione, praticata comunque in comune, grande aiuto perché da soli è più difficile tenere il passo consueto. Ebbene, tutto quello che abbiamo vissuto ci interpella, ci invita ad un cambiamento, a ritrovare il valore di quello che ci sembrava scontato ma che senza di noi, senza la partecipazione di tutti, diventa improvvisamente vuoto: vivere al meglio le nostre relazioni, perché basta davvero poco per perderle. Dobbiamo far tesoro dello smarrimento e della sofferenza, in tutte le sue forme (fisica, mentale, psichica), che abbiamo vissuto. Dobbiamo riscoprire il gusto e la ricchezza di poter “fare le cose insieme”. Ecco quindi che mi sento di farvi una proposta, lasciandovi la piena libertà di aderire. Mi pare giunto il momento di fare un salto di qualità. Vorrei che questo notiziario non fosse solo un elenco di appuntamenti (che sono comunque stati necessariamente ridotti in questi mesi) ma un luogo o uno spazio dove le esperienze che si fanno potessero essere condivise. C’è già il mio pezzo e quello di Elisabetta che fanno da cornice: ecco, perché non avere anche altre voci, altre prospettive di altri lettori e magari di chi partecipa agli incontri? Una sorta di condivisione (che ci è mancata tanto ultimamente) di quello che le diverse tradizioni ed esperienze propongono, in un reciproco arricchimento? Sarebbe un bel modo per far “toccare con mano” la vita delle diverse realtà, di creare un luogo magico dove le diverse voci si parlano, non solo comunicando con puntualità gli aggiornamenti (che rimane comunque un servizio per tutti, e di cui sottolineo l’importanza) ma anche ciò che è nato, si è sentito, si è esperito in quelle circostanze speciali a cui abbiamo avuto l’onore di poter partecipa-re. Non importa saper scrivere, non bisogna essere “laureati” o giornalisti, è il cuore che parlerà… in-viatemi quello che potete offrire; cercherò, se necessario, di renderlo disponibile a tutti al meglio. Vorrei che la ricchezza della comunità interreligiosa potesse circolare, potesse portare vita anche attraverso questo piccolo mezzo che è lo Zefiro. Molti di voi vivono esperienze importanti; usciamo dai confini ristretti in cui ci ha costretto questo periodo e facciamone partecipi anche quelli che “non hanno potuto partecipare”. Facciamo di questo giornalino un coro a più voci, un servizio reciproco, un appuntamento bello e importante; è un’occasione da non perdere. Sarà un grande dono, per chi scrive e per chi legge. E potete usare anche immagini, troveremo un modo per gestirle. Non sono un esperto ma ci proverò e accetterò con gratitudine suggerimenti e aiuti nell’impaginazione. Anzi, se c’è qualche informatico che ha desiderio di mettere a disposizione di questo progetto di rinnovamento le sue capacità, e crede nel valore della condivisione, sono felice di poterci lavorare insieme. Mi contatti pure anche per telefono. Ebbene, mentre siete al mare o in montagna o in campagna, oppure in città, pensate a questa proposta: il laboratorio delle idee è aperto tutta l’estate! Inviate commenti, suggerimenti e riflessioni, così che alla ripartenza possiamo cominciare insieme un nuovo ciclo di reciproco arric-chimento. La vita è troppo preziosa per lasciarla scorrere senza partecipare! Grazie a tutti e buona estate! Marco PS. Ringrazio Elisabetta per la fattiva collaborazione che ha offerto nella redazione di questo nu-mero del Notiziario. [Leggi]
Care amiche e cari amici,

siamo arrivati all’estate e questo è l’ultimo numero prima del periodo di piacevole riposo e svago che auguro a tutti.

Non abbiamo certamente vissuto un periodo facile in questi ultimi mesi, e ne hanno sofferto soprattutto le relazioni, con un grave sfilacciamento dei rapporti personali e sociali. E’ stato un tempo tragico, di cui solo più avanti potremo tracciare i contorni più chiari.

Stare in una sorta di emergenza, per quanto a mio giudizio in gran parte artificiosa e strumentale, ha portato ad una frantumazione dei gruppi e delle relazioni personali, che nel “da remoto”, pur con tutto l’ausilio della tecnologia, hanno comunque dimostrato limiti e criticità.

Anche la Comunità Interreligiosa non ne è stata esente, anche se ha proseguito in qualche modo gli incontri con tutti i mezzi possibili, con determinazione e affettuosità davvero palpabili.

Ci ha aiutato la regolarità nella meditazione, praticata comunque in comune, grande aiuto perché da soli è più difficile tenere il passo consueto.

Ebbene, tutto quello che abbiamo vissuto ci interpella, ci invita ad un cambiamento, a ritrovare il valore di quello che ci sembrava scontato ma che senza di noi, senza la partecipazione di tutti, diventa improvvisamente vuoto: vivere al meglio le nostre relazioni, perché basta davvero poco per perderle.

Dobbiamo far tesoro dello smarrimento e della sofferenza, in tutte le sue forme (fisica, mentale, psichica), che abbiamo vissuto. Dobbiamo riscoprire il gusto e la ricchezza di poter “fare le cose insieme”.

Ecco quindi che mi sento di farvi una proposta, lasciandovi la piena libertà di aderire. Mi pare giunto il momento di fare un salto di qualità. Vorrei che questo notiziario non fosse solo un elenco di appuntamenti (che sono comunque stati necessariamente ridotti in questi mesi) ma un luogo o uno spazio dove le esperienze che si fanno potessero essere condivise.

C’è già il mio pezzo e quello di Elisabetta che fanno da cornice: ecco, perché non avere anche altre voci, altre prospettive di altri lettori e magari di chi partecipa agli incontri? Una sorta di condivisione (che ci è mancata tanto ultimamente) di quello che le diverse tradizioni ed esperienze propongono, in un reciproco arricchimento?

Sarebbe un bel modo per far “toccare con mano” la vita delle diverse realtà, di creare un luogo magico dove le diverse voci si parlano, non solo comunicando con puntualità gli aggiornamenti (che rimane comunque un servizio per tutti, e di cui sottolineo l’importanza) ma anche ciò che è nato, si è sentito, si è esperito in quelle circostanze speciali a cui abbiamo avuto l’onore di poter partecipa-re.

Non importa saper scrivere, non bisogna essere “laureati” o giornalisti, è il cuore che parlerà… in-viatemi quello che potete offrire; cercherò, se necessario, di renderlo disponibile a tutti al meglio.

Vorrei che la ricchezza della comunità interreligiosa potesse circolare, potesse portare vita anche attraverso questo piccolo mezzo che è lo Zefiro. Molti di voi vivono esperienze importanti; usciamo dai confini ristretti in cui ci ha costretto questo periodo e facciamone partecipi anche quelli che “non hanno potuto partecipare”. Facciamo di questo giornalino un coro a più voci, un servizio reciproco, un appuntamento bello e importante; è un’occasione da non perdere.

Sarà un grande dono, per chi scrive e per chi legge. E potete usare anche immagini, troveremo un modo per gestirle. Non sono un esperto ma ci proverò e accetterò con gratitudine suggerimenti e aiuti nell’impaginazione. Anzi, se c’è qualche informatico che ha desiderio di mettere a disposizione di questo progetto di rinnovamento le sue capacità, e crede nel valore della condivisione, sono felice di poterci lavorare insieme. Mi contatti pure anche per telefono.

Ebbene, mentre siete al mare o in montagna o in campagna, oppure in città, pensate a questa proposta: il laboratorio delle idee è aperto tutta l’estate! Inviate commenti, suggerimenti e riflessioni, così che alla ripartenza possiamo cominciare insieme un nuovo ciclo di reciproco arric-chimento. La vita è troppo preziosa per lasciarla scorrere senza partecipare!

Grazie a tutti e buona estate!

Marco

PS. Ringrazio Elisabetta per la fattiva collaborazione che ha offerto nella redazione di questo nu-mero del Notiziario. [Chiudi]
Cambiamento.
"L'umano crede di volere la libertà. In realtà ne ha una grande paura. Perché? Perché la libertà lo obbliga a prendere delle decisioni, e le decisioni comportano rischi." (Erich Fromm)
05/06/2021: Anno 2021 - Numero 11  File Pdf
Pubblicato il 05/06/2021
Thich Nhat Hanh.
Thich Nhat Hanh.
Care amiche e cari amici, in questo numero vi propongo un passo dal Maestro Thich Nhat Hahn inviatomi da Maria, conduttrice di un gruppo di meditazione, che ringrazio per il prezioso contributo. Meditare camminando La pace è in ogni passo. Conosco persone che a un certo punto hanno incontrato serie difficoltà a sedersi, ma sono state in grado di svolgere un'intensa pratica meditativa camminando. Del resto nessuno può rimanere seduto costantemente e alcuni trovano assolutamente impossibile essere consapevoli nella posizione assisa a causa della sofferenza, dell'agitazione e della rabbia che li opprimono. Ma possono farlo camminando. Negli ambienti monastici tradizionali, i periodi di meditazione assisa sono intercalati da meditazioni in movimento. Si tratta della stessa pratica. Camminare può essere altrettanto proficuo che sedere. Ciò che importa è l'atteggiamento mentale. Nella meditazione deambulante occorre prestare attenzione al camminare come tale. Ci si può concentrare sulla cadenza dei passi nell'insieme o su isolati segmenti successivi del moto come sollevare il piede, procedere, poggiarlo nuovamente e così via. È possibile accoppiare la consapevolezza del camminare con la consapevolezza del respirare. Nella meditazione in movimento non esiste una destinazione determinata; di solito si passeggia avanti e indietro in un viale oppure in circolo. Non avere letteralmente alcun luogo dove dirigersi facilita l'essere presenti lì dove si è. A cosa servirebbe cercare di trovarsi in un altro punto del percorso quando non vi è differenza? La sfida è sapersi identificare con un dato passo, un dato respiro. Si può meditare camminando a passo lentissimo o assai spedito. Quanta attenzione potrete prestare al ciclo dei passi dipenderà dalla velocità. La pratica meditativa consiste nell'accogliere ogni singolo passo ed esserne pienamente consci. Questo significa percepire le sensazioni del camminare- nei piedi, nelle gambe, nel portamento, nell'andatura, come sempre momento per momento e, in questa circostanza, passo dopo passo. Come nella meditazione seduta, emergeranno sensazioni che vi distrarranno dalla mera esperienza del camminare. Si lavora con percezioni, pensieri, sentimenti impulsi, ricordi e attese che compaiono durante la passeggiata come del resto nella meditazione assisa. In definitiva, passeggiare è quiete in movimento, consapevolezza in flusso. È consigliabile non praticare la meditazione camminando in luoghi dove sareste esposti alla curiosità altrui, in particolare se passeggerete con lentezza. Conviene farlo nel proprio soggiorno, nei campi, in una radura fra gli alberi oppure lungo spiagge isolate. Dovrete ricordare di essere presente a voi stessi al vostro corpo, rammentarvi semplicemente di interiorizzare il momento, coscienti di ogni passo effettuato, accettando ciascun movimento come viene. Se vi scoprite in preda alla fretta all'impazienza, rallentare il passo contribuirà a placarvi e a ricordarvi che ora siete qui e quando arriverete là, vi troverete là. Se perderete il senso del qui, altrettanto avverrà per il là. Se la vostra mente non è focalizzata sul punto in cui vi trovate è poco probabile che lo diventi solo perché siete arrivati altrove. Grazie a tutti Marco [Leggi]
Care amiche e cari amici,

in questo numero vi propongo un passo dal Maestro Thich Nhat Hahn inviatomi da Maria, conduttrice di un gruppo di meditazione, che ringrazio per il prezioso contributo.

Meditare camminando

La pace è in ogni passo.

Conosco persone che a un certo punto hanno incontrato serie difficoltà a sedersi, ma sono state in grado di svolgere un'intensa pratica meditativa camminando. Del resto nessuno può rimanere seduto costantemente e alcuni trovano assolutamente impossibile essere consapevoli nella posizione assisa a causa della sofferenza, dell'agitazione e della rabbia che li opprimono. Ma possono farlo camminando. Negli ambienti monastici tradizionali, i periodi di meditazione assisa sono intercalati da meditazioni in movimento. Si tratta della stessa pratica. Camminare può essere altrettanto proficuo che sedere. Ciò che importa è l'atteggiamento mentale. Nella meditazione deambulante occorre prestare attenzione al camminare come tale. Ci si può concentrare sulla cadenza dei passi nell'insieme o su isolati segmenti successivi del moto come sollevare il piede, procedere, poggiarlo nuovamente e così via. È possibile accoppiare la consapevolezza del camminare con la consapevolezza del respirare. Nella meditazione in movimento non esiste una destinazione determinata; di solito si passeggia avanti e indietro in un viale oppure in circolo. Non avere letteralmente alcun luogo dove dirigersi facilita l'essere presenti lì dove si è. A cosa servirebbe cercare di trovarsi in un altro punto del percorso quando non vi è differenza? La sfida è sapersi identificare con un dato passo, un dato respiro. Si può meditare camminando a passo lentissimo o assai spedito. Quanta attenzione potrete prestare al ciclo dei passi dipenderà dalla velocità. La pratica meditativa consiste nell'accogliere ogni singolo passo ed esserne pienamente consci. Questo significa percepire le sensazioni del camminare- nei piedi, nelle gambe, nel portamento, nell'andatura, come sempre momento per momento e, in questa circostanza, passo dopo passo. Come nella meditazione seduta, emergeranno sensazioni che vi distrarranno dalla mera esperienza del camminare. Si lavora con percezioni, pensieri, sentimenti impulsi, ricordi e attese che compaiono durante la passeggiata come del resto nella meditazione assisa. In definitiva, passeggiare è quiete in movimento, consapevolezza in flusso. È consigliabile non praticare la meditazione camminando in luoghi dove sareste esposti alla curiosità altrui, in particolare se passeggerete con lentezza. Conviene farlo nel proprio soggiorno, nei campi, in una radura fra gli alberi oppure lungo spiagge isolate. Dovrete ricordare di essere presente a voi stessi al vostro corpo, rammentarvi semplicemente di interiorizzare il momento, coscienti di ogni passo effettuato, accettando ciascun movimento come viene. Se vi scoprite in preda alla fretta all'impazienza, rallentare il passo contribuirà a placarvi e a ricordarvi che ora siete qui e quando arriverete là, vi troverete là. Se perderete il senso del qui, altrettanto avverrà per il là. Se la vostra mente non è focalizzata sul punto in cui vi trovate è poco probabile che lo diventi solo perché siete arrivati altrove.

Grazie a tutti

Marco [Chiudi]
Thich Nhat Hanh.
"Il miracolo non è quello di camminare sulle acque, ma di camminare sulla terra verde nel momento presente e d’ apprezzare la bellezza e la pace che sono disponibili ora." (Thich Nhat Hanh)
22/05/2021: Anno 2021 - Numero 10  File Pdf
Pubblicato il 21/05/2021
Entanglement quantistico.
Entanglement quantistico.
Care amiche e cari amici, ho incontrato questo aforisma di Rumi in un momento delicato della mia vita durante una ricerca di aspetti psicologici che non mi erano ben noti e osservando realtà di una vita personale che non conoscevo. E’ una frase bella come tutte quelle di Rumi che mostrano prospettive di esistenza inattese, insospettate e che aprono ad uno scenario interiore seppur sconfinato. Ancora una volta si percepire il non visibile all’occhio, forse perfino alla mente, dove il silenzio diventa strumento di indagine e di conoscenza. Un lasciare la connessione con il conosciuto dei sensi e andare in dimensioni di percezione sottile del cuore che va dove non si può dire, dove non ci sono più parole… Rifletto perplesso cosa voglia dire questo… Sono alla fine parole vuote…? Hanno senso…? Ma cos’è questo oltre…? Dov’è…? Fantasie che non corrispondono ad una realtà tangibile, riscontrabile nel corporeo. Con questi dubbi e incertezze che mi lasciano dubbioso ecco che incontro un articolo che tratta di conoscenze scientifiche di assoluta avanguardia, studi avanzati e nuovissimi sulla natura del creato. Entanglement quantistico e il principio olografico dell’Universo, una teoria dove tutto è connesso a tutto, dove la realtà che percepiamo nasconde un livello di interazione di cui non siamo consapevoli, e non lo possiamo nemmeno essere. Un livello di esistenza completamente diverso da quello nostro percepito. Un universo del tutto inedito, che va al di là di qualsiasi immaginario. Tutto quello che percepisco sono forme proiettate e che non esistono di per sé in una qualche realtà che apparirebbe limitata e impropria, ologrammi evanescenti eppur assolutamente reali per me (il mondo che percepisco ogni giorno), dove la parte contiene il tutto, e per quanto lo si frammenti non si evade da un frattale che pur andando nell’infinitesimo continua a contenere tutta la forma nella sua interezza, come accade appunto con un ologramma. Che cosa stanno scoprendo? Al di là di tutte le conoscenze filosofiche e scientifiche, umanistiche e metafisiche, c’è una dimensione su un piano di esistenza che non percepiamo e che rimane pertanto sconosciuta. E’ forse ciò che l’umano non deve e non può conoscere? Un albero della conoscenza che non può essere violato? Tutto questo è una qualche immagine, se pur lontana, dell’Assoluto, di Dio ...? Caro Rumi, è forse questa la soglia su cui sei assiso e che puoi descrivere solo con il totalizzante silenzio della meditazione, nel distacco completo del mistico e nel vuoto del rinunciante a sé. Nel trascendere tutte le forme e tutti i pensieri, nel perdersi nell’immensità di un punto, nella singolarità dell’orizzonte degli eventi di un buco nero universale, unico e totale, che tutto ingloba e tutto annichilisce… e non sapremo mai perché, né se ha senso chiederci alcunché. Grazie a tutti Marco [Leggi]
Care amiche e cari amici,

ho incontrato questo aforisma di Rumi in un momento delicato della mia vita durante una ricerca di aspetti psicologici che non mi erano ben noti e osservando realtà di una vita personale che non conoscevo. E’ una frase bella come tutte quelle di Rumi che mostrano prospettive di esistenza inattese, insospettate e che aprono ad uno scenario interiore seppur sconfinato. Ancora una volta si percepire il non visibile all’occhio, forse perfino alla mente, dove il silenzio diventa strumento di indagine e di conoscenza. Un lasciare la connessione con il conosciuto dei sensi e andare in dimensioni di percezione sottile del cuore che va dove non si può dire, dove non ci sono più parole… Rifletto perplesso cosa voglia dire questo… Sono alla fine parole vuote…? Hanno senso…? Ma cos’è questo oltre…? Dov’è…? Fantasie che non corrispondono ad una realtà tangibile, riscontrabile nel corporeo. Con questi dubbi e incertezze che mi lasciano dubbioso ecco che incontro un articolo che tratta di conoscenze scientifiche di assoluta avanguardia, studi avanzati e nuovissimi sulla natura del creato. Entanglement quantistico e il principio olografico dell’Universo, una teoria dove tutto è connesso a tutto, dove la realtà che percepiamo nasconde un livello di interazione di cui non siamo consapevoli, e non lo possiamo nemmeno essere. Un livello di esistenza completamente diverso da quello nostro percepito. Un universo del tutto inedito, che va al di là di qualsiasi immaginario. Tutto quello che percepisco sono forme proiettate e che non esistono di per sé in una qualche realtà che apparirebbe limitata e impropria, ologrammi evanescenti eppur assolutamente reali per me (il mondo che percepisco ogni giorno), dove la parte contiene il tutto, e per quanto lo si frammenti non si evade da un frattale che pur andando nell’infinitesimo continua a contenere tutta la forma nella sua interezza, come accade appunto con un ologramma. Che cosa stanno scoprendo? Al di là di tutte le conoscenze filosofiche e scientifiche, umanistiche e metafisiche, c’è una dimensione su un piano di esistenza che non percepiamo e che rimane pertanto sconosciuta. E’ forse ciò che l’umano non deve e non può conoscere? Un albero della conoscenza che non può essere violato? Tutto questo è una qualche immagine, se pur lontana, dell’Assoluto, di Dio ...? Caro Rumi, è forse questa la soglia su cui sei assiso e che puoi descrivere solo con il totalizzante silenzio della meditazione, nel distacco completo del mistico e nel vuoto del rinunciante a sé. Nel trascendere tutte le forme e tutti i pensieri, nel perdersi nell’immensità di un punto, nella singolarità dell’orizzonte degli eventi di un buco nero universale, unico e totale, che tutto ingloba e tutto annichilisce… e non sapremo mai perché, né se ha senso chiederci alcunché.

Grazie a tutti

Marco [Chiudi]
Entanglement quantistico.
"Il mio occhio viene da un altro universo. Un mondo da questo lato e uno dall’altro, io siedo sulla soglia. Sulla soglia stanno coloro il cui linguaggio è il silenzio." (Jalal al-Din Rumi)
Allegati Allegati: Zefiro.2021.10
08/05/2021: Anno 2021 - Numero 09  File Pdf
Pubblicato il 07/05/2021
Conoscenza.
Conoscenza.
Care amiche e cari amici, la Gnoseologia, argomento mica da poco direte voi, che mi affascina e di cui non è facile avere una competenza adeguata. Moltissimi filosofi si sono dedicati alla sua indagine e a formulare le loro visioni nei modi ovviamente più diversi. Da Parmenide a Socrate a Platone e Aristotele, e di seguito, in un continuum con il pensiero medioevale, fino all’età moderna e contemporanea, l’Essere è in qualche modo l’oggetto del mistero che si studia e si ricerca nella sua essenza, considerandolo alle volte ente esterno, altre volte interno all’osservatore, in cui trova consistenza nel suo processo di identificazione e definizione. E’ uno dei tanti cammini dell’umano, e forse uno dei più pregnanti, nella ricerca della definizione del rapporto con il mondo e il suo esserne parte. Realismo, nominalismo, empirismo, razionalismo, idealismo, scetticismo, dogmatismo e tanti altri capitoli formano questo libro grandioso dell’investigazione della mente verso l’altro da sé, verso l’oggetto e in qualche modo verso la persona con cui mi confronto e che mi è di fronte. Un turbine che porta ad una vertigine dove ogni teoria appare ovviamente fondata e giustificata, seppur tutte sono alternative e tra loro spesso contraddittorie e inconciliabili. Eppure l’Ente, a me stesso esterno, rimane pur sempre lì, ieratico e solenne, e comunque irraggiungibile nonostante tante indagini. La materia perviene ad intelligere, pensa se stessa, l'inerte diventa scrigno del sentire di coscienza e quindi di quella entità che chiamiamo vita. La mente umana che pensa un oggetto fuori da sé, in realtà si scopre nell'atto di vedere sé stessa, e la materia di cui è composta è innervata da una dimensione di essere che le dà capacità ancora non conosciute, e qui si attiva un cortocircuito tra materia e piano esistenziale. La materia che pensa sé stessa, come un occhio che vede sé stesso… Un miracolo immenso di un cammino evolutivo monumentale, in un suo lento dipanarsi metamorfico da larva a farfalla. E adesso ecco apparire alla ribalta le neu-roscienze e la meccanica quantistica, che danno una svolta imponente, inattesa, che spariglia, per certi versi come una rivoluzione copernicana, non scevra da una prospettiva drammatica. L’osservatore, prima soggetto autonomo, adesso condiziona l’osservato anche con la sola sua presenza osservante. La fisica sperimentale lo afferma e lo dimostra. Cosa è dunque l’Essere in sé? Io e l’altro indivisibili in un unico sistema inscindibile, dove la divisione ne determina il dissolvimento cognitivo? Esiste davvero un mondo fuori di me? E come è fatto? E soprattutto, posso percepirlo o solo coglierne una presenza attraverso l’interpretazione, una esegesi sempre inesorabilmente legata e condizionata, per così dire “piegata” da me osservatore? Ma anche questo porta comunque ad una visione molto interessante dell’altro da me, come specchio rivelatore del mio essere, per me misterioso e oscuro e che attraverso l’altro (che poi è una parte di un me stesso traslato…) mi rivela sconosciute risonanze. Anche la meditazione può essere una sorta di specchio interiore che illumina angoli oscuri, che porta il mio essere là dove lui non conosce ancora sé stesso… e qui, dopo i filosofi, anche i mistici insegnano mondi. Bellissima in questo contesto la frase di Márquez che vede nell’altro la levatrice del suo essere nascente. L’amore infine che risolve l’eterno mistero, al di là del sensibile, aprendomi al volo dell’essere profondo… Grazie a tutti Marco [Leggi]
Care amiche e cari amici,

la Gnoseologia, argomento mica da poco direte voi, che mi affascina e di cui non è facile avere una competenza adeguata. Moltissimi filosofi si sono dedicati alla sua indagine e a formulare le loro visioni nei modi ovviamente più diversi. Da Parmenide a Socrate a Platone e Aristotele, e di seguito, in un continuum con il pensiero medioevale, fino all’età moderna e contemporanea, l’Essere è in qualche modo l’oggetto del mistero che si studia e si ricerca nella sua essenza, considerandolo alle volte ente esterno, altre volte interno all’osservatore, in cui trova consistenza nel suo processo di identificazione e definizione.

E’ uno dei tanti cammini dell’umano, e forse uno dei più pregnanti, nella ricerca della definizione del rapporto con il mondo e il suo esserne parte. Realismo, nominalismo, empirismo, razionalismo, idealismo, scetticismo, dogmatismo e tanti altri capitoli formano questo libro grandioso dell’investigazione della mente verso l’altro da sé, verso l’oggetto e in qualche modo verso la persona con cui mi confronto e che mi è di fronte.

Un turbine che porta ad una vertigine dove ogni teoria appare ovviamente fondata e giustificata, seppur tutte sono alternative e tra loro spesso contraddittorie e inconciliabili. Eppure l’Ente, a me stesso esterno, rimane pur sempre lì, ieratico e solenne, e comunque irraggiungibile nonostante tante indagini.

La materia perviene ad intelligere, pensa se stessa, l'inerte diventa scrigno del sentire di coscienza e quindi di quella entità che chiamiamo vita.

La mente umana che pensa un oggetto fuori da sé, in realtà si scopre nell'atto di vedere sé stessa, e la materia di cui è composta è innervata da una dimensione di essere che le dà capacità ancora non conosciute, e qui si attiva un cortocircuito tra materia e piano esistenziale. La materia che pensa sé stessa, come un occhio che vede sé stesso…

Un miracolo immenso di un cammino evolutivo monumentale, in un suo lento dipanarsi metamorfico da larva a farfalla. E adesso ecco apparire alla ribalta le neu-roscienze e la meccanica quantistica, che danno una svolta imponente, inattesa, che spariglia, per certi versi come una rivoluzione copernicana, non scevra da una prospettiva drammatica. L’osservatore, prima soggetto autonomo, adesso condiziona l’osservato anche con la sola sua presenza osservante. La fisica sperimentale lo afferma e lo dimostra. Cosa è dunque l’Essere in sé?

Io e l’altro indivisibili in un unico sistema inscindibile, dove la divisione ne determina il dissolvimento cognitivo? Esiste davvero un mondo fuori di me? E come è fatto? E soprattutto, posso percepirlo o solo coglierne una presenza attraverso l’interpretazione, una esegesi sempre inesorabilmente legata e condizionata, per così dire “piegata” da me osservatore?

Ma anche questo porta comunque ad una visione molto interessante dell’altro da me, come specchio rivelatore del mio essere, per me misterioso e oscuro e che attraverso l’altro (che poi è una parte di un me stesso traslato…) mi rivela sconosciute risonanze.

Anche la meditazione può essere una sorta di specchio interiore che illumina angoli oscuri, che porta il mio essere là dove lui non conosce ancora sé stesso… e qui, dopo i filosofi, anche i mistici insegnano mondi. Bellissima in questo contesto la frase di Márquez che vede nell’altro la levatrice del suo essere nascente. L’amore infine che risolve l’eterno mistero, al di là del sensibile, aprendomi al volo dell’essere profondo…

Grazie a tutti

Marco [Chiudi]
Conoscenza.
"Ti amo non per chi sei, ma per chi sono io quando sono con te." (Gabriel García Márquez)
Allegati Allegati: Zefiro.2021.09
24/04/2021: Anno 2021 - Numero 08  File Pdf
Pubblicato il 23/04/2021
La singolarità.
La singolarità.
Care amiche e cari amici, il concetto di singolarità lo trovo molto interessante. Ne parla la fisica ma non solo, da più di un secolo. Si riferisce al concetto che piccole variazioni di uno stato possono generare grandi variazioni non determinabili a priori con le leggi fisiche. Riguarda una grande varietà di fenomeni nei campi più diversi: scienza, tecnologia, matematica, sociologia, psicologia, economia, ecc. e non solo. Secondo me riguarda la vita stessa e l’esistere di questa dimensione dove siamo adesso, con il nostro “sentire di coscienza”. In questi istanti di singolarità la concezione deterministica dei sistemi e più in generale del mondo, si ferma e segna il suo limite, non vale più, la fisica e le tante scienze elaborate nei secoli dall’umanità hanno il loro limite e la singolarità va in un “oltre” che non possiamo prevedere e controllare. Questo vuol dire che pur rimanendo nel mondo con i piedi sul pavimento di casa e tutto intorno a me che sembra non trasformarsi in modo significativo, in realtà ho accesso, attraverso la singolarità, ad un piano di esistenza diverso (forse parallelo?), non assurdo o irrazionale ma solo diverso dall’ordinario. Spesso nemmeno ci accorgiamo di questi momenti molto rari che possono accadere e li apprezziamo solo molto più tardi dopo eventuali consapevolezze ed elaborazioni che abbiamo potuto fare successivamente anche alla luce di quanto grande è stato l’effetto che questi eventi portano con sé nell’esistenza, come conseguenze delle variazioni minime iniziali ma enormi nel seguito del loro verificarsi. Ne parlo perché a me sembra di averne avuto sentore ed esperienza reale (non certo spesso, al più un paio di volte forse, per adesso…) che ha cambiato lo svolgersi della mia vita anche se me ne sono accorto solo dopo del tempo e più per gli effetti che per l’evento in sé. Per apprezzare questi accadimenti, che sono molto sottili e fuori da una dinamica dell’ordinario, è bene avere una percezione sottile di quanto accade al di là del muro della separazione della dimensione spirituale. Perché si parla di questo aspetto direi trascendente che è in antitesi al mondo materico e si affaccia ad una dimensione altra e in maggior modo fondante della parte profonda della esistenza legata a leggi fisiche, economiche, biologiche… Ad esempio, lo dirò con parole mie, per me quando ho incontrato questi momenti di singolarità è stato come essere preso da una forza per i capelli e tolto da quell’esperienza per essere inserito in un’altra, come se avessi svolto il ruolo necessario e nel momento che non serviva più essere inserito in una nuova esperienza da vivere, in un nuovo capitolo. Ben inteso che non parlo di un accesso in un mondo fatato o perfetto, tutt’altro. Non è affatto detto che le cose migliorino o diventino solo piacevoli. Quello che cambia è la prospettiva, il contesto, non l’impegno da profondere nel vivere. Cambia l’esperienza che ci viene proposta. Non è facile da capire se non se ne è avuta esperienza e sembrano fanfaronate di una persona che racconta narrazioni irrazionali e non verificabili, dove ognuno può dire quello che vuole… C’è chi li chiama miracoli, ma personalmente al termine miracolo associo un’immagine di un evento gestito da altra persona che mi facilita e mi introduce in una soluzione ad una difficoltà o ad un dolore, eventualmente in seguito a miei meriti di fede. Per me non è stato esattamente così, ma più simile ad un cambiamento di esperienza di vita. Le difficoltà e le incertezze sono rimaste, ma molto diverse, tutto si è rinnovato nel breve o medio periodo. La singolarità ha mutato l’orizzonte, non risolto problemi. Penso che in questo ciascuno viva la sua esperienza. Certo bisogna averne percezione e non è cosa banale, e in questo ancora una volta (sempre lei direte voi…) la meditazione aiuta ed è maestra in quanto prepara e predispone ad un accesso all’intimo dove queste cose prendono il loro avvio. Quando lo stato evolutivo dell’individuo è avanzato queste conoscenze per alcune persone credo che diventino molto più frequenti fino ad essere quasi compagne di vita, ma non è certo questa la mia realtà, per il momento. Grazie a tutti Marco https://m.youtube.com/watch?v=8J1gJKtYlNc&feature=youtu.be [Leggi]
Care amiche e cari amici,

il concetto di singolarità lo trovo molto interessante. Ne parla la fisica ma non solo, da più di un secolo. Si riferisce al concetto che piccole variazioni di uno stato possono generare grandi variazioni non determinabili a priori con le leggi fisiche. Riguarda una grande varietà di fenomeni nei campi più diversi: scienza, tecnologia, matematica, sociologia, psicologia, economia, ecc. e non solo. Secondo me riguarda la vita stessa e l’esistere di questa dimensione dove siamo adesso, con il nostro “sentire di coscienza”. In questi istanti di singolarità la concezione deterministica dei sistemi e più in generale del mondo, si ferma e segna il suo limite, non vale più, la fisica e le tante scienze elaborate nei secoli dall’umanità hanno il loro limite e la singolarità va in un “oltre” che non possiamo prevedere e controllare. Questo vuol dire che pur rimanendo nel mondo con i piedi sul pavimento di casa e tutto intorno a me che sembra non trasformarsi in modo significativo, in realtà ho accesso, attraverso la singolarità, ad un piano di esistenza diverso (forse parallelo?), non assurdo o irrazionale ma solo diverso dall’ordinario. Spesso nemmeno ci accorgiamo di questi momenti molto rari che possono accadere e li apprezziamo solo molto più tardi dopo eventuali consapevolezze ed elaborazioni che abbiamo potuto fare successivamente anche alla luce di quanto grande è stato l’effetto che questi eventi portano con sé nell’esistenza, come conseguenze delle variazioni minime iniziali ma enormi nel seguito del loro verificarsi. Ne parlo perché a me sembra di averne avuto sentore ed esperienza reale (non certo spesso, al più un paio di volte forse, per adesso…) che ha cambiato lo svolgersi della mia vita anche se me ne sono accorto solo dopo del tempo e più per gli effetti che per l’evento in sé. Per apprezzare questi accadimenti, che sono molto sottili e fuori da una dinamica dell’ordinario, è bene avere una percezione sottile di quanto accade al di là del muro della separazione della dimensione spirituale. Perché si parla di questo aspetto direi trascendente che è in antitesi al mondo materico e si affaccia ad una dimensione altra e in maggior modo fondante della parte profonda della esistenza legata a leggi fisiche, economiche, biologiche… Ad esempio, lo dirò con parole mie, per me quando ho incontrato questi momenti di singolarità è stato come essere preso da una forza per i capelli e tolto da quell’esperienza per essere inserito in un’altra, come se avessi svolto il ruolo necessario e nel momento che non serviva più essere inserito in una nuova esperienza da vivere, in un nuovo capitolo. Ben inteso che non parlo di un accesso in un mondo fatato o perfetto, tutt’altro. Non è affatto detto che le cose migliorino o diventino solo piacevoli. Quello che cambia è la prospettiva, il contesto, non l’impegno da profondere nel vivere. Cambia l’esperienza che ci viene proposta. Non è facile da capire se non se ne è avuta esperienza e sembrano fanfaronate di una persona che racconta narrazioni irrazionali e non verificabili, dove ognuno può dire quello che vuole… C’è chi li chiama miracoli, ma personalmente al termine miracolo associo un’immagine di un evento gestito da altra persona che mi facilita e mi introduce in una soluzione ad una difficoltà o ad un dolore, eventualmente in seguito a miei meriti di fede. Per me non è stato esattamente così, ma più simile ad un cambiamento di esperienza di vita. Le difficoltà e le incertezze sono rimaste, ma molto diverse, tutto si è rinnovato nel breve o medio periodo. La singolarità ha mutato l’orizzonte, non risolto problemi. Penso che in questo ciascuno viva la sua esperienza. Certo bisogna averne percezione e non è cosa banale, e in questo ancora una volta (sempre lei direte voi…) la meditazione aiuta ed è maestra in quanto prepara e predispone ad un accesso all’intimo dove queste cose prendono il loro avvio. Quando lo stato evolutivo dell’individuo è avanzato queste conoscenze per alcune persone credo che diventino molto più frequenti fino ad essere quasi compagne di vita, ma non è certo questa la mia realtà, per il momento.

Grazie a tutti

Marco

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La singolarità.
"Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore." (Italo Calvino)
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Versione: 1.5
Rilasciata il: 06/02/2014
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