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Radio Voce della Speranza

Lo Zefiro

Notiziario Interreligioso
Redazione: Marco Lazzeri
Telefono: 335.6415395
Pagina:
05/12/2015: Anno 2015 - Numero 34  File Pdf
Pubblicato il 11/12/2015
Il giardino del Re.
Il giardino del Re.
Care amiche e amici, come Associazione “Vivere l’Etica” recentemente abbiamo proposto presso le Oblate un incontro per la presentazione del libro “Il giardino del Re” di Atmananda (all’anagrafe Simone Van-ni), che si inquadra in un percorso che stiamo portando avanti su vari temi dell’Etica. Sento questo argomento dell’Etica come fondamentale e purtroppo molto disatteso nel nostro tempo. Proprio l’abbandono di questi temi forse è la causa nascosta di così tanto smarrimento e degrado sia nel sociale che nel politico e nei rapporti tra le genti e con il pianeta. Serve una ripresa generale del dialogo per riscoprire come l’etica si può declinare su tanti aspetti diversi della vita e della spiritualità vissuta nel presente e nell’impegno consapevole per un mondo migliore e iniziando sicuramente a rendere migliori se stessi che è il primo e ineludibile passo per rendere migliore il “fuori da me”. Perché dunque la presentazione di un libro? Quello di Atmananda non è innanzi tutto un libro qualsiasi, anzi riferendoci al nostro tema lo trovo quanto mai coerente e calzante. L’etica tra i tanti significati che può rivestire legati alla molteplicità di argomenti che le sono connessi, secondo me ha come importanti, se non addirittura centrali, i valori del rispetto e della sobrietà. Valori questi che implicano tanti significati indotti come accettazione, gioia del vivente, compassione, servizio, offerta di sé, prendersi cura, saper godere del poco, essere parchi, dare valore, vivere nel momento presente, … e pretendono anche un cammino vissuto nell’intimo del “Conosci te stesso”, un viaggio fatto con la serietà e l’impegno inflessibile del ricercatore dello spirito, affrontando con umiltà e determinazione le tante difficoltà che necessariamente si presentano, senza ricercare comodi sconti o facili scorciatoie. Questo libro narra tutto questo, è un percorso vero di vita vissuta in una sempre maggiore consapevolezza del sé e della meraviglio-sa scoperta della realtà spirituale dell’altro da sé. Si inquadra quindi certamente in un cammino che molto ha a che vedere con l’etica e con una pratica spirituale che nella devozione verso il Maestro trova il riscontro di un rapporto profondo che si viene creando tra guru e devoto da subito, fin dal primo incontro e che nel tempo cresce e si consolida. Non certo un rapporto di sudditanza o subalternità, ma di profondo rispetto e continua offerta di servizio da parte del discepolo e di continua presenza del Maestro, anche se spesso questa si fa silenziosa e non visibile all’occhio fisico ma solo al core aperto all’ascolto. Un rapporto di amore e di tenerezza, di forza e di passione dove alle volte traspare la solitudine dell’anima grande del guru che solo in sé può trovare quella rispondenza delle grandi verità spirituali che il discepolo ancora non ha acquisito. Due figure diverse e in armonia che si accompagnano dolcemente nel cammino della vita fisica e spirituale. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

come Associazione “Vivere l’Etica” recentemente abbiamo proposto presso le Oblate un incontro per la presentazione del libro “Il giardino del Re” di Atmananda (all’anagrafe Simone Van-ni), che si inquadra in un percorso che stiamo portando avanti su vari temi dell’Etica.

Sento questo argomento dell’Etica come fondamentale e purtroppo molto disatteso nel nostro tempo. Proprio l’abbandono di questi temi forse è la causa nascosta di così tanto smarrimento e degrado sia nel sociale che nel politico e nei rapporti tra le genti e con il pianeta. Serve una ripresa generale del dialogo per riscoprire come l’etica si può declinare su tanti aspetti diversi della vita e della spiritualità vissuta nel presente e nell’impegno consapevole per un mondo migliore e iniziando sicuramente a rendere migliori se stessi che è il primo e ineludibile passo per rendere migliore il “fuori da me”.

Perché dunque la presentazione di un libro? Quello di Atmananda non è innanzi tutto un libro qualsiasi, anzi riferendoci al nostro tema lo trovo quanto mai coerente e calzante. L’etica tra i tanti significati che può rivestire legati alla molteplicità di argomenti che le sono connessi, secondo me ha come importanti, se non addirittura centrali, i valori del rispetto e della sobrietà. Valori questi che implicano tanti significati indotti come accettazione, gioia del vivente, compassione, servizio, offerta di sé, prendersi cura, saper godere del poco, essere parchi, dare valore, vivere nel momento presente, … e pretendono anche un cammino vissuto nell’intimo del “Conosci te stesso”, un viaggio fatto con la serietà e l’impegno inflessibile del ricercatore dello spirito, affrontando con umiltà e determinazione le tante difficoltà che necessariamente si presentano, senza ricercare comodi sconti o facili scorciatoie. Questo libro narra tutto questo, è un percorso vero di vita vissuta in una sempre maggiore consapevolezza del sé e della meraviglio-sa scoperta della realtà spirituale dell’altro da sé.

Si inquadra quindi certamente in un cammino che molto ha a che vedere con l’etica e con una pratica spirituale che nella devozione verso il Maestro trova il riscontro di un rapporto profondo che si viene creando tra guru e devoto da subito, fin dal primo incontro e che nel tempo cresce e si consolida. Non certo un rapporto di sudditanza o subalternità, ma di profondo rispetto e continua offerta di servizio da parte del discepolo e di continua presenza del Maestro, anche se spesso questa si fa silenziosa e non visibile all’occhio fisico ma solo al core aperto all’ascolto. Un rapporto di amore e di tenerezza, di forza e di passione dove alle volte traspare la solitudine dell’anima grande del guru che solo in sé può trovare quella rispondenza delle grandi verità spirituali che il discepolo ancora non ha acquisito. Due figure diverse e in armonia che si accompagnano dolcemente nel cammino della vita fisica e spirituale.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Il giardino del Re. (Foto: Titolo del libro)
"Sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell'oceano. Ma se questa goccia non ci fosse, all'oceano mancherebbe." (Madre Teresa di Calcutta)
28/11/2015: Anno 2015 - Numero 33  File Pdf
Pubblicato il 27/11/2015
Parigi in lutto.
Parigi in lutto.
Care amiche e amici, Parigi, note e parole di “resilienza”. (di Antonio Vermigli) In questi giorni le parole più ricorrenti sono terrorismo, Jihad, guerra, attentati, kamikaze, sospetto, paura. Parole che evocano in chi ha qualche anno in più come me, ricordi di esperienze che non si sarebbero più volute vivere. Parole che suscitano impotenza in quelle nuove generazioni, cresciute a pane, videogiochi e film d’azione, che si ritrovano disorientate e confuse in realtà che da “virtuale” si fa drammaticamente “reale”. Se si presta attenzione, però, in mezzo al frastuono delle parole del terrore, ce n’è una che spicca per il suo stile, pacato ma fermo e deciso, e la sua concretezza. E’ una parola bellissima: “resilienza”. La resilienza è la capacità di far fronte ai traumi in maniera vitale. E’ forza di ricostruirsi, restando sensibili alle cose positive che la vita offre. La Francia, colpita a morte dalla follia omicida di un gruppo di fanatici terroristi, ci sta offrendo note e parole di resilienza, che sono un vero e proprio inno alla vita. Sono note di resilienza quelle della marsigliese, che la sera del 13 novembre, in una notte ancora buia e cupa, esce fisicamente dallo stadio di Parigi, dove poche ore prima era risuonata come segno distintivo della nazionale di calcio. A portare fuori da quello stadio quelle note, che da anni siamo soliti ascoltare soprattutto durante le competizioni sportive, sono i francesi che si aggrappano, l’uno accanto all’altro, a quelle parole, a quei ritmi per trovare la forza di continuare a vivere, per non sentirsi soli. Quell’inno, scritto la sera del 25 aprile 1792 da Rouget de Lisle, che divenne ben presto la chiamata alle armi della Rivoluzione francese e in questo contesto assunse proprio il nome di Marsigliese perché cantata nelle strade dai volontari provenienti da Marsiglia al loro arrivo a Parigi è oggi un segno di resilienza, che riecheggia non solo per le strade di Parigi, ma di tutto il mondo, reale e virtuale. Sono note di resilienza quelle che ha offerto, come riportano le cronache, Davide Martello, sabato mattina, il 14, nei pressi del Bataclan. Ad una manciata di metri dalla sala da concerti dove, poche ore prima , la musica era stata sovrastata dal rumore dei kalashnikov e dal boato delle esplosioni che si sono portate via 89 giovani e innocenti e hanno segnato per sempre quelle centinaia di altri loro coetanei, Martello trascina con la bicicletta una pianola e inizia a suonare “Imagine” di John Lennon. “Dobbiamo tutti vivere insieme, é chiaro che tutto il mondo é una grande famiglia. Ma purtroppo non riusciamo a vivere in pace, e tutto ciò è tragicamente ridicolo”, ha dichiarato ai cronisti di tutto il mondo. Sono parole di resilienza quelle scritte sullo striscione nero sistemato in Place de la Republique: “fluctuat nec mergitur”, la barca oscilla tra le onde ma non affonda. Sono parole di resilienza quelle che Antoine Leiris ha scritto e che hanno fatto il giro del mondo. “Non avrete il mio odio”, scrive, padre di un bimbo di 17 mesi, che proprio al Bataclan ha perso l’amore della sua vita e la madre di suo figlio. Vale la pena leggerle e rileggerle, le parole di Antoine: “Venerdì avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa. Non sarà così.” “L’ho vista stamattina -prosegue Antoine-. Finalmente, dopo notti e giorni di attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio ed io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete ma nemmeno il suo odio”. Antonio Vermigli Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

Parigi, note e parole di “resilienza”. (di Antonio Vermigli)

In questi giorni le parole più ricorrenti sono terrorismo, Jihad, guerra, attentati, kamikaze, sospetto, paura.

Parole che evocano in chi ha qualche anno in più come me, ricordi di esperienze che non si sarebbero più volute vivere.

Parole che suscitano impotenza in quelle nuove generazioni, cresciute a pane, videogiochi e film d’azione, che si ritrovano disorientate e confuse in realtà che da “virtuale” si fa drammaticamente “reale”.

Se si presta attenzione, però, in mezzo al frastuono delle parole del terrore, ce n’è una che spicca per il suo stile, pacato ma fermo e deciso, e la sua concretezza. E’ una parola bellissima: “resilienza”.

La resilienza è la capacità di far fronte ai traumi in maniera vitale. E’ forza di ricostruirsi, restando sensibili alle cose positive che la vita offre.

La Francia, colpita a morte dalla follia omicida di un gruppo di fanatici terroristi, ci sta offrendo note e parole di resilienza, che sono un vero e proprio inno alla vita.

Sono note di resilienza quelle della marsigliese, che la sera del 13 novembre, in una notte ancora buia e cupa, esce fisicamente dallo stadio di Parigi, dove poche ore prima era risuonata come segno distintivo della nazionale di calcio. A portare fuori da quello stadio quelle note, che da anni siamo soliti ascoltare soprattutto durante le competizioni sportive, sono i francesi che si aggrappano, l’uno accanto all’altro, a quelle parole, a quei ritmi per trovare la forza di continuare a vivere, per non sentirsi soli. Quell’inno, scritto la sera del 25 aprile 1792 da Rouget de Lisle, che divenne ben presto la chiamata alle armi della Rivoluzione francese e in questo contesto assunse proprio il nome di Marsigliese perché cantata nelle strade dai volontari provenienti da Marsiglia al loro arrivo a Parigi è oggi un segno di resilienza, che riecheggia non solo per le strade di Parigi, ma di tutto il mondo, reale e virtuale.

Sono note di resilienza quelle che ha offerto, come riportano le cronache, Davide Martello, sabato mattina, il 14, nei pressi del Bataclan. Ad una manciata di metri dalla sala da concerti dove, poche ore prima , la musica era stata sovrastata dal rumore dei kalashnikov e dal boato delle esplosioni che si sono portate via 89 giovani e innocenti e hanno segnato per sempre quelle centinaia di altri loro coetanei, Martello trascina con la bicicletta una pianola e inizia a suonare “Imagine” di John Lennon. “Dobbiamo tutti vivere insieme, é chiaro che tutto il mondo é una grande famiglia. Ma purtroppo non riusciamo a vivere in pace, e tutto ciò è tragicamente ridicolo”, ha dichiarato ai cronisti di tutto il mondo.

Sono parole di resilienza quelle scritte sullo striscione nero sistemato in Place de la Republique: “fluctuat nec mergitur”, la barca oscilla tra le onde ma non affonda.

Sono parole di resilienza quelle che Antoine Leiris ha scritto e che hanno fatto il giro del mondo. “Non avrete il mio odio”, scrive, padre di un bimbo di 17 mesi, che proprio al Bataclan ha perso l’amore della sua vita e la madre di suo figlio.

Vale la pena leggerle e rileggerle, le parole di Antoine: “Venerdì avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa. Non sarà così.”

“L’ho vista stamattina -prosegue Antoine-. Finalmente, dopo notti e giorni di attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio ed io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete ma nemmeno il suo odio”.

Antonio Vermigli

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Parigi in lutto.
"Se voi però avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vo-stro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri." (Don Luigi Milani, "L’obbedienza non è più una virtù")
21/11/2015: Anno 2015 - Numero 32  File Pdf
Pubblicato il 27/11/2015
Un amico di strada, assistito ed amato dai volontari della ronda umanitaria di Verona.
Un amico di strada, assistito ed amato dai volontari della ronda umanitaria di Verona.
Care amiche e amici, non so come si chiami di nome quest’uomo e forse questo tipo di identificazione lui stesso la riterrebbe inessenziale. Ha una sua dignità nel gesto e nel prendersi cura del cibo e della sua vita, forse ha vissuto l’esperienza del distacco dalla sua identità nella formalità del nome o forse si ricorda bene tutto della sua vita, affetti, persone, parenti, amici, dolori e gioie … chissà. Di sicuro non immagina che lo stiamo guardando e che stiamo parlando di lui, adesso … Siamo tutti soli e con tanti amici nello stesso momento, tante presenze che ci seguono e di cui molte ci rimarranno sconosciute per sempre, tutti abbiamo comunque bisogno di affetto e relazione con gli altri. Chi non lo mostra, reprime solo il dolore di un bisogno sottaciuto e disatteso. Abbiamo bisogno d’amore, perché siamo forti ma fragili, adulti e anche bambini, intraprendenti e timorosi, perché dotati di una coscienza d’esistere e di strutture mentali per relazionarci ad un mondo non scelto e che impone suoi dettami e le relazioni con gli altri ci aiutano in questo, anche quelle che ci sembrano negative. Perché milioni di anni ci hanno formato in questo senso anche per una semplice necessità di sopravvivenza, per una necessità di apprendimento e di necessità di trasferire ad altri conoscenze acquisite, affinché possano essere ulteriormente elaborate e non vengano disperse. Tutti abbiamo bisogno degli altri e anche io ho un qualche bisogno. In particolare di voi cari lettori. Lancio infatti un appello per cercare tra centinaia di persone che ricevono ogni settimana questo notiziario, qualcuno che sia interessato ad aiutarmi in questo servizio di informazione. Non sono né stufo né stanco né annoiato, tutt’altro. Né tanto meno sto cercando qualcuno su cui scaricare questo impegno. Ma è anche vero che sono da solo e sento di avere bisogno di aiuto per portare avanti questo servizio che è utile e apprezzato. Faccio questa proposta con lo scopo di migliorare il servizio e poter fare cose nuove e di utilità e non ultimo, come dicevo prima, per poter trasferire conoscenze ad altri affinché non vengano disperse. Volontari intraprendenti cercasi. Cerco quindi una o più persone che sappiano usare word e sarebbe ottimo se potessero gestire anche il sito WEB, e che abbiano capacità relazionali e di comunicazione. Con i volontari farò un colloquio per conoscerci e definire i ruoli e l’area di interesse. Il servizio proposto ovviamente è gratuito. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

non so come si chiami di nome quest’uomo e forse questo tipo di identificazione lui stesso la riterrebbe inessenziale. Ha una sua dignità nel gesto e nel prendersi cura del cibo e della sua vita, forse ha vissuto l’esperienza del distacco dalla sua identità nella formalità del nome o forse si ricorda bene tutto della sua vita, affetti, persone, parenti, amici, dolori e gioie … chissà. Di sicuro non immagina che lo stiamo guardando e che stiamo parlando di lui, adesso … Siamo tutti soli e con tanti amici nello stesso momento, tante presenze che ci seguono e di cui molte ci rimarranno sconosciute per sempre, tutti abbiamo comunque bisogno di affetto e relazione con gli altri. Chi non lo mostra, reprime solo il dolore di un bisogno sottaciuto e disatteso.

Abbiamo bisogno d’amore, perché siamo forti ma fragili, adulti e anche bambini, intraprendenti e timorosi, perché dotati di una coscienza d’esistere e di strutture mentali per relazionarci ad un mondo non scelto e che impone suoi dettami e le relazioni con gli altri ci aiutano in questo, anche quelle che ci sembrano negative. Perché milioni di anni ci hanno formato in questo senso anche per una semplice necessità di sopravvivenza, per una necessità di apprendimento e di necessità di trasferire ad altri conoscenze acquisite, affinché possano essere ulteriormente elaborate e non vengano disperse.

Tutti abbiamo bisogno degli altri e anche io ho un qualche bisogno. In particolare di voi cari lettori. Lancio infatti un appello per cercare tra centinaia di persone che ricevono ogni settimana questo notiziario, qualcuno che sia interessato ad aiutarmi in questo servizio di informazione. Non sono né stufo né stanco né annoiato, tutt’altro. Né tanto meno sto cercando qualcuno su cui scaricare questo impegno. Ma è anche vero che sono da solo e sento di avere bisogno di aiuto per portare avanti questo servizio che è utile e apprezzato. Faccio questa proposta con lo scopo di migliorare il servizio e poter fare cose nuove e di utilità e non ultimo, come dicevo prima, per poter trasferire conoscenze ad altri affinché non vengano disperse. Volontari intraprendenti cercasi. Cerco quindi una o più persone che sappiano usare word e sarebbe ottimo se potessero gestire anche il sito WEB, e che abbiano capacità relazionali e di comunicazione.

Con i volontari farò un colloquio per conoscerci e definire i ruoli e l’area di interesse. Il servizio proposto ovviamente è gratuito.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Un amico di strada, assistito ed amato dai volontari della ronda umanitaria di Verona.
"Conoscere se stessi è dimenticare se stessi." (Dogen Zenji)
21/11/2015: Anno 2015 - Numero 31  File Pdf
Pubblicato il 18/11/2015
Robotica.
Robotica.
Care amiche e amici, parlare di spiritualità e fare pratica di meditazione, significa anche occuparmi in modo diretto delle cose del mondo e in particolare di come questo evolve, delle novità che riguardano i suoi abitanti. Una di queste è certo la scienza che è sicuramente una risorsa importante ed è portatrice di opportunità e scoperte che possono essere accolte con interesse, ma che devono essere analizzate anche con grande senso di critica responsabile, senza demonizzare e senza osannare in maniera incondizionata. Ci dobbiamo quindi porre domande valutative riguardo alle ricerche che si stanno portando avanti, pretendere chiarimenti e fare chiarezza sulle prospettive di un loro sviluppo che può cambiare in modo irreversibile gli scenari di riferimento e mettere in dif-ficoltà le basi su cui poggia la vita. Ad esempio, le industrie di robotica hanno un andamento dei titoli che sono tra i più performanti della borsa. Perché? E inoltre le domande da porsi possono essere: Cosa sono i robot? Cosa possono servire? Perché ci sono così tanti interessi e investimenti in questo settore? E le nanotecnologie? E la bioingegneria? L’intelligenza artificiale? Sono frontiere che avanzano con velocità impressionante e che hanno ambiti di applicazione che l’uomo comune non riesce nemmeno ad afferrare nel suo immaginario. Eventi che possono cambiare i paradigmi che da sempre regolano e garantiscono il succedersi delle generazioni. Domani se lo volessimo, potremmo tornare indietro? Difficilmente, quasi certamente impossibile per molti aspetti e cosa ci riserva dunque la strada che ci attende? Quale è il limite tollerabile oltre il quale entriamo in una zona sconosciuta con dinamiche imprevedibili? E questo limite quanto dista ancora? Mi viene alle volte in mente l’immagine del conducente di un’auto che infrange i divieti di velocità, accelera continuamente ed infine ad una curva si scontra contro un albero centenario che lo sta aspettando da secoli. Il suo problema non sorge quando lancia un urlo di terrore, venti metri prima di schiantarsi, ma sorge molto prima e testimonia che quello che mancava non era solo essere attento al codice della strada ma impostare tutto il viaggio in un modo diverso (forse usando un mezzo più rispettoso di se e degli altri e mi soffermo su usare come atto della volontà …). Il problema si incentra su un concetto filosofico di visione del mondo e non sull’aspetto tecnico di una sua manipolazione utilitaristica, concetto che credo debba ancora essere in gran parte elaborato e disvelato. Occorre incontrare e accogliere dentro ciascuno di noi una visione profetica che ne conservi la sacralità e l’essenzialità profonda, recependo l’immensa responsabilità di poterne disarticolare per sempre le regole e i presupposti, agendo in modo sconsiderato e supponente. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

parlare di spiritualità e fare pratica di meditazione, significa anche occuparmi in modo diretto delle cose del mondo e in particolare di come questo evolve, delle novità che riguardano i suoi abitanti.

Una di queste è certo la scienza che è sicuramente una risorsa importante ed è portatrice di opportunità e scoperte che possono essere accolte con interesse, ma che devono essere analizzate anche con grande senso di critica responsabile, senza demonizzare e senza osannare in maniera incondizionata. Ci dobbiamo quindi porre domande valutative riguardo alle ricerche che si stanno portando avanti, pretendere chiarimenti e fare chiarezza sulle prospettive di un loro sviluppo che può cambiare in modo irreversibile gli scenari di riferimento e mettere in dif-ficoltà le basi su cui poggia la vita.

Ad esempio, le industrie di robotica hanno un andamento dei titoli che sono tra i più performanti della borsa. Perché? E inoltre le domande da porsi possono essere: Cosa sono i robot? Cosa possono servire? Perché ci sono così tanti interessi e investimenti in questo settore? E le nanotecnologie? E la bioingegneria? L’intelligenza artificiale? Sono frontiere che avanzano con velocità impressionante e che hanno ambiti di applicazione che l’uomo comune non riesce nemmeno ad afferrare nel suo immaginario. Eventi che possono cambiare i paradigmi che da sempre regolano e garantiscono il succedersi delle generazioni. Domani se lo volessimo, potremmo tornare indietro? Difficilmente, quasi certamente impossibile per molti aspetti e cosa ci riserva dunque la strada che ci attende? Quale è il limite tollerabile oltre il quale entriamo in una zona sconosciuta con dinamiche imprevedibili? E questo limite quanto dista ancora?

Mi viene alle volte in mente l’immagine del conducente di un’auto che infrange i divieti di velocità, accelera continuamente ed infine ad una curva si scontra contro un albero centenario che lo sta aspettando da secoli. Il suo problema non sorge quando lancia un urlo di terrore, venti metri prima di schiantarsi, ma sorge molto prima e testimonia che quello che mancava non era solo essere attento al codice della strada ma impostare tutto il viaggio in un modo diverso (forse usando un mezzo più rispettoso di se e degli altri e mi soffermo su usare come atto della volontà …).

Il problema si incentra su un concetto filosofico di visione del mondo e non sull’aspetto tecnico di una sua manipolazione utilitaristica, concetto che credo debba ancora essere in gran parte elaborato e disvelato. Occorre incontrare e accogliere dentro ciascuno di noi una visione profetica che ne conservi la sacralità e l’essenzialità profonda, recependo l’immensa responsabilità di poterne disarticolare per sempre le regole e i presupposti, agendo in modo sconsiderato e supponente.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Robotica.
"La vita appartiene ai viventi, e chi vive deve essere preparato ai cambiamenti." (Johann Wolfgang von Goethe)
07/11/2015: Anno 2015 - Numero 30  File Pdf
Pubblicato il 05/11/2015
Bancomat.
Bancomat.
Care amiche e amici, faccio parte di una associazione che si occupa di etica vissuta, diciamo “applicata”, e molte volte mi capita di parlare con persone di temi che riguardano il mondo e il modo che abbiamo di viverci dentro. Alle volte noto come una perdita del senso del reale: la sobrietà ingenera fastidio quasi fosse sinonimo di depressione e lo spreco è un messaggio di potere, l’enfatizzazione dei bisogni è un messaggio di opulenza. Il possesso di oggetti esclusivi e spesso inutili diventa il normale e ovvio desiderio di una vita ben spesa. L’Avere è il senso che si dà dell’essere al mondo, il senso di esistere si confonde con il consumo. Sono molti che sono affetti da una sorta di “Sindrome del Bancomat”, disponibilità infinita di risorse, inserisco una tessera, non mia bensì con addebito verso altri, e ho quello che voglio gratis, senza responsabilità e senza chiedermi se tutto questo è lecito. Ma chi è l’altro che paga il conto di quanto si consuma con così tanta leggerezza? È la Terra, ovviamente! E questo a causa del troppo consumo di acqua, aria, specie viventi a rischio sempre maggiore, troppo inquinamento, spreco di risorse non rinnovabili, antropizzazione eccessiva. Troppo di tutto. Così la società occidentale diventa paragonabile a una società di bambini viziati, fragili ed egoisti. La data del 8 agosto (definisce l’impronta del pianeta, cioè ciò che riesce a produrre in un anno) sta ulteriormente arretrando e per la prima volta nella storia dell’umanità ci troviamo ad aver superato la soglia di non ritorno. Stiamo andando verso la necessità di una Terra e mezzo. Si utilizza e si sfrutta oggi ciò che non è rigenerabile un domani, ci appropriamo di qualcosa che non ci compete sottraendolo con scaltrezza a generazioni future che non possono opporsi perché non ancora nate e che dovranno pagare altrui debiti che non hanno scelto di contrarre. Quello che tecnicamente è possibile non deve essere accolto se non è eticamente lecito. Il rispetto dell’altro (inteso come persone e anche come pianeta) deve avere priorità su quello che è nelle possibilità fattuali, perché l’umanità si trova adesso in possesso di mezzi tecnici e finanziari atti a distruggere se stessa per più volte – il pericolo ormai non è solo l’energia atomica. L’esempio di questo è sotto i nostri occhi tutti i giorni nella distruzione del creato. Segnali positivi ci sono e si stanno affermando e moltiplicando attraverso stili di vita più sobri, la Francia ha emanato da poco una legge che rende reato grave l’obsolescenza programmata. E’ una prima risposta contro lo spreco pianificato a sistema per sostenere le vendite incentivando lo sperpero dei beni. Un piccolo segnale, ma quello che occorre non è un aggiustamento e una razionalizzazione di questo stato di cose. Questo sistema (economico, finanziario, produttivo, distributivo, generatore di bisogni, …) è un ingranaggio che può essere modificato e reso virtuoso? O forse occorre un cambiamento radicale per cambiare davvero direzione e modello di sviluppo? Occorre la capacità di immaginare un nuovo modo di vedere la vita e il nostro senso di essere nel mondo legato alla sacralità del creato e non all’idolatria del sistema mercato, incentrato sulla sola avida ricerca di denaro e potere. Non sarà più lecito l’orientamento esclusivo al profitto e non per una qualche imposizione morale ma per insostenibilità strutturale del pianeta. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

faccio parte di una associazione che si occupa di etica vissuta, diciamo “applicata”, e molte volte mi capita di parlare con persone di temi che riguardano il mondo e il modo che abbiamo di viverci dentro. Alle volte noto come una perdita del senso del reale: la sobrietà ingenera fastidio quasi fosse sinonimo di depressione e lo spreco è un messaggio di potere, l’enfatizzazione dei bisogni è un messaggio di opulenza. Il possesso di oggetti esclusivi e spesso inutili diventa il normale e ovvio desiderio di una vita ben spesa.

L’Avere è il senso che si dà dell’essere al mondo, il senso di esistere si confonde con il consumo.

Sono molti che sono affetti da una sorta di “Sindrome del Bancomat”, disponibilità infinita di risorse, inserisco una tessera, non mia bensì con addebito verso altri, e ho quello che voglio gratis, senza responsabilità e senza chiedermi se tutto questo è lecito. Ma chi è l’altro che paga il conto di quanto si consuma con così tanta leggerezza? È la Terra, ovviamente! E questo a causa del troppo consumo di acqua, aria, specie viventi a rischio sempre maggiore, troppo inquinamento, spreco di risorse non rinnovabili, antropizzazione eccessiva. Troppo di tutto. Così la società occidentale diventa paragonabile a una società di bambini viziati, fragili ed egoisti.

La data del 8 agosto (definisce l’impronta del pianeta, cioè ciò che riesce a produrre in un anno) sta ulteriormente arretrando e per la prima volta nella storia dell’umanità ci troviamo ad aver superato la soglia di non ritorno. Stiamo andando verso la necessità di una Terra e mezzo. Si utilizza e si sfrutta oggi ciò che non è rigenerabile un domani, ci appropriamo di qualcosa che non ci compete sottraendolo con scaltrezza a generazioni future che non possono opporsi perché non ancora nate e che dovranno pagare altrui debiti che non hanno scelto di contrarre.

Quello che tecnicamente è possibile non deve essere accolto se non è eticamente lecito. Il rispetto dell’altro (inteso come persone e anche come pianeta) deve avere priorità su quello che è nelle possibilità fattuali, perché l’umanità si trova adesso in possesso di mezzi tecnici e finanziari atti a distruggere se stessa per più volte – il pericolo ormai non è solo l’energia atomica. L’esempio di questo è sotto i nostri occhi tutti i giorni nella distruzione del creato.

Segnali positivi ci sono e si stanno affermando e moltiplicando attraverso stili di vita più sobri, la Francia ha emanato da poco una legge che rende reato grave l’obsolescenza programmata. E’ una prima risposta contro lo spreco pianificato a sistema per sostenere le vendite incentivando lo sperpero dei beni. Un piccolo segnale, ma quello che occorre non è un aggiustamento e una razionalizzazione di questo stato di cose. Questo sistema (economico, finanziario, produttivo, distributivo, generatore di bisogni, …) è un ingranaggio che può essere modificato e reso virtuoso? O forse occorre un cambiamento radicale per cambiare davvero direzione e modello di sviluppo? Occorre la capacità di immaginare un nuovo modo di vedere la vita e il nostro senso di essere nel mondo legato alla sacralità del creato e non all’idolatria del sistema mercato, incentrato sulla sola avida ricerca di denaro e potere.

Non sarà più lecito l’orientamento esclusivo al profitto e non per una qualche imposizione morale ma per insostenibilità strutturale del pianeta.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Bancomat.
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Versione: 1.5
Rilasciata il: 06/02/2014
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