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Radio Voce della Speranza

Lo Zefiro

Notiziario Interreligioso
Redazione: Marco Lazzeri
Telefono: 335.6415395
Pagina:
25/10/2014: Anno 2014 - Numero 34  File Pdf
Pubblicato il 24/10/2014
Bomba d’acqua su Firenze.
Bomba d’acqua su Firenze.
Care amiche e amici, La natura oggi si esaurisce in un insieme di leggi puramente pensate circa vari fenomeni privi di significato spirituale... Nel mondo tradizionale la natura non era pensata ma vissuta come un gran corpo animato e sacro espressione visibile dell'invisibile. Il mito scaturiva da un processo necessario dove le stesse potenze che formano le cose agivano sulla facoltà plastica dell'immaginazione parzialmente discioltasi dai sensi corporei, sì da drammatizzarsi in immagini e figure che si insinuavano tra la trama dell' esperienza sensoriale e la completavano con un momento di significato...” Mi risuona questo passo, lo trovo profondo. Mi viene da pensare che i cataclismi della natura che si stanno verificando sempre più spesso non sono altro che il riflesso della perdita di coscienza cosmica del mondo, e anche del dissolversi dell’ideale di etica nella società. Il grido di allarme in questo senso proviene da tante persone, importanti e famose e meno famose, ma non meno importanti. Si sta riformando in molti una coscienza intima non solo di rinnovamento generico ,ma per un mondo ripensato nel suo complesso dei suoi modelli economici, etici, scientifici, relazionali. E’ necessario capovolgere il paradigma che domina adesso perché è fondato su basi che sono antagoniste alle necessità profonde degli uomini. Capovolgere significa sostituire i miti del denaro, del controllo e del potere sull’altro con una visione umanizzata del bello, del bene comune, della condivisione, del dono, della solidarietà e di una spiritualità aperta e non dogmatica, che aiuti a vivere e dia senso e gioia, come dice Hans Küng. Non sono sogni, penso davvero che cambiare tutto sia l’unica strada per una salvezza del pia-neta e di chi ci vive. E purtroppo il tempo stringe e posso iniziare solo da dentro di me. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

La natura oggi si esaurisce in un insieme di leggi puramente pensate circa vari fenomeni privi di significato spirituale...

Nel mondo tradizionale la natura non era pensata ma vissuta come un gran corpo animato e sacro espressione visibile dell'invisibile.

Il mito scaturiva da un processo necessario dove le stesse potenze che formano le cose agivano sulla facoltà plastica dell'immaginazione parzialmente discioltasi dai sensi corporei, sì da drammatizzarsi in immagini e figure che si insinuavano tra la trama dell' esperienza sensoriale e la completavano con un momento di significato...”

Mi risuona questo passo, lo trovo profondo. Mi viene da pensare che i cataclismi della natura che si stanno verificando sempre più spesso non sono altro che il riflesso della perdita di coscienza cosmica del mondo, e anche del dissolversi dell’ideale di etica nella società. Il grido di allarme in questo senso proviene da tante persone, importanti e famose e meno famose, ma non meno importanti. Si sta riformando in molti una coscienza intima non solo di rinnovamento generico ,ma per un mondo ripensato nel suo complesso dei suoi modelli economici, etici, scientifici, relazionali. E’ necessario capovolgere il paradigma che domina adesso perché è fondato su basi che sono antagoniste alle necessità profonde degli uomini. Capovolgere significa sostituire i miti del denaro, del controllo e del potere sull’altro con una visione umanizzata del bello, del bene comune, della condivisione, del dono, della solidarietà e di una spiritualità aperta e non dogmatica, che aiuti a vivere e dia senso e gioia, come dice Hans Küng.

Non sono sogni, penso davvero che cambiare tutto sia l’unica strada per una salvezza del pia-neta e di chi ci vive. E purtroppo il tempo stringe e posso iniziare solo da dentro di me.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Bomba d’acqua su Firenze.
"Quest'unico mondo ha bisogno di un unico ethos fondamentale; quest'unica società mondiale non ha certamente bisogno di un'unica religione e di un'unica ideologia, ha però bisogno di al-cuni valori, norme, ideali e fini vincolanti e unificanti." (Hans Küng, "Progetto per un'etica mondiale")
18/10/2014: Anno 2014 - Numero 33  File Pdf
Pubblicato il 16/10/2014
L’abbraccio.
L’abbraccio.
Care amiche e amici, riguardo all’abbraccio molti sanno che sono per così dire molto appassionato sull’argomento, mi piace abbracciare le persone che incontro (se sento che lo desiderano) e l’abbraccio è anche un potente strumento curativo. Un amico in proposito mi ha scritto : “Ho pensato subito a te” e mi ha mandato questo link che ho trovato molto interessante : https://www.youtube.com/watch?v=6zBzDf49km4 Secondo me ci sono diversi tipi di abbraccio. Quello che dura tra due e tre secondi, quello che dura tra sei e otto secondi e quello che dura oltre venti minuti. Nel primo si può percepire ben poco dell’altro, è un gesto spesso di maniera, esteriore, quasi sempre formale, qui l’immediatezza o la superficialità è lo stato principale del sentire. Nel secondo caso c’è una ricerca di comunicazione, c’è una offerta anche se troppo rapida per essere significativa ma si riesce comunque a esprimere un sentimento, una emozione, si lascia un segnale di presenza. Quello del terzo tipo non si può condividere con chiunque perché occorre una compartecipazione, una sintonia, non è cosa abitudinaria o occasionale. Lo si può praticare con l’altro in solitudine, non in piedi ma seduti, in un ambiente protetto e riservato, intimo. Il tempo come si diceva non deve essere un problema. Quando si riesce ad attuarlo e ci vuole tempo per imparare. Il contatto con il corpo, la carezza, la percezione delle energie sottili, sono le pratiche che consentono di raggiungere una conoscenza spirituale, è una esperienza profonda di immersione nell’altro (e per questo motivo è indispensabile essere maturi, molto centrati su se stessi, stabili), si incontra l’abbandono e l’accoglienza, occorre possedere il coraggio della semplicità e aver sperimentato bene il non attaccamento, conoscere l’arte del non pretendere. Altro aspetto da non sottovalutare è la gratuità, spesso molto più difficile da mettere in pratica di quanto non possa sembrare in un primo momento. Allora la comunicazione diventa scoperta, è una esperienza nuova che utilizza il mezzo corporeo come tramite per articolare un linguaggio che parla allo spirito andando al di là delle parole, in una immersione nel silenzio dell’ascolto del cuore. Si raggiunge un livello di dialogo che non è possibile in altro modo e in contemporanea accade, inaspettatamente, anche l’incontro con se tessi; certo non è una cosa banale e come dicevo ci vuole coraggio. Per l’abbraccio è un po’ come per la meditazione, la pratica fa la differenza, anzi la pratica crea l’esperienza stessa. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

riguardo all’abbraccio molti sanno che sono per così dire molto appassionato sull’argomento, mi piace abbracciare le persone che incontro (se sento che lo desiderano) e l’abbraccio è anche un potente strumento curativo. Un amico in proposito mi ha scritto : “Ho pensato subito a te” e mi ha mandato questo link che ho trovato molto interessante :

https://www.youtube.com/watch?v=6zBzDf49km4

Secondo me ci sono diversi tipi di abbraccio. Quello che dura tra due e tre secondi, quello che dura tra sei e otto secondi e quello che dura oltre venti minuti. Nel primo si può percepire ben poco dell’altro, è un gesto spesso di maniera, esteriore, quasi sempre formale, qui l’immediatezza o la superficialità è lo stato principale del sentire. Nel secondo caso c’è una ricerca di comunicazione, c’è una offerta anche se troppo rapida per essere significativa ma si riesce comunque a esprimere un sentimento, una emozione, si lascia un segnale di presenza. Quello del terzo tipo non si può condividere con chiunque perché occorre una compartecipazione, una sintonia, non è cosa abitudinaria o occasionale. Lo si può praticare con l’altro in solitudine, non in piedi ma seduti, in un ambiente protetto e riservato, intimo. Il tempo come si diceva non deve essere un problema. Quando si riesce ad attuarlo e ci vuole tempo per imparare. Il contatto con il corpo, la carezza, la percezione delle energie sottili, sono le pratiche che consentono di raggiungere una conoscenza spirituale, è una esperienza profonda di immersione nell’altro (e per questo motivo è indispensabile essere maturi, molto centrati su se stessi, stabili), si incontra l’abbandono e l’accoglienza, occorre possedere il coraggio della semplicità e aver sperimentato bene il non attaccamento, conoscere l’arte del non pretendere. Altro aspetto da non sottovalutare è la gratuità, spesso molto più difficile da mettere in pratica di quanto non possa sembrare in un primo momento. Allora la comunicazione diventa scoperta, è una esperienza nuova che utilizza il mezzo corporeo come tramite per articolare un linguaggio che parla allo spirito andando al di là delle parole, in una immersione nel silenzio dell’ascolto del cuore. Si raggiunge un livello di dialogo che non è possibile in altro modo e in contemporanea accade, inaspettatamente, anche l’incontro con se tessi; certo non è una cosa banale e come dicevo ci vuole coraggio. Per l’abbraccio è un po’ come per la meditazione, la pratica fa la differenza, anzi la pratica crea l’esperienza stessa.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
L’abbraccio. (Foto: disegno di abbraccio)
"Non aspettarsi nulla è una grande arte. Quando non viviamo più nell’aspettativa, allora viviamo in una nuova dimensione. Siamo liberi." (Francis Lucille, "Eternità ora")
11/10/2014: Anno 2014 - Numero 32  File Pdf
Pubblicato il 10/10/2014
Quante ce ne occorrono?.
Quante ce ne occorrono?.
Care amiche e amici, vogliamo parlare di etica? Ecco secondo me un buon inizio di dialogo, tra i tantissimi che potremmo scegliere, ben inteso. Leggo su un quotidiano: Se tutti gli abitanti della terra mantenessero il tenore di vita di un cittadino europeo medio “l'umanità avrebbe bisogno di 2,6 pianeti per sostenersi” e “2,6 pianeti è anche l'impronta ecologica dell'Italia”. Lo documenta Wwf nel suo ultimo rapporto internazionale, il Living Planet Report 2014. Per impronta ecologica si intende la misura dell'area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria a rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e ad assorbire i rifiuti prodotti. Il rapporto dell'associazione “mostra che tutti i 27 stati dell'unione europea vivono oltre i livelli di 'un pianeta' e fanno inoltre pesantemente affidamento sulle risorse naturali di altri paesi". L'impronta di carbonio dell'Europa, poi, “costituisce quasi il 50% della sua impronta ecologica totale, a causa dell'uso di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas naturale”. Insomma, in un mondo sempre più instabile socialmente e politicamente “il nostro deficit ecologico non fa che aumentare costantemente”, con ciò “conducendo l'umanità pericolosamente ai limiti del suo spazio vitale”. Ma non è tutto: le popolazioni di numerose specie di animali vertebrati in natura, afferma il Living Planet Report, “si sono più che dimezzate in soli 40 anni” e l'associazione sottolinea come “il continuo declino della natura rafforza la necessità di trovare soluzioni sostenibili per curare il pianeta”. “Le popolazioni di pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili”, continua il rapporto, “sono diminuite del 52% dal 1970”. Le specie di acqua dolce hanno sofferto “un declino del 72%, una perdita quasi doppia rispetto alle specie terrestri e marine”. La maggioranza di queste perdite provengono dalle regioni tropicali in particolare dell'America latina. Secondo il Living Planet Report, poi, “la domanda di risorse naturali dell'umanità è oltre il 50% più grande di ciò che i sistemi naturali sono in grado di rigenerare”. Sarebbero quindi “necessarie una terra e mezza per produrre le risorse necessarie per sostenere la nostra attuale impronta ecologica”. Questo superamento globale significa, in pratica, che “stiamo tagliando legname più rapidamente di quanto gli alberi riescano a ricrescere, pompiamo acqua dolce più velocemente di quanto le acque sotterranee riforniscano le fonti e rilasciamo Co2 più velocemente di quanto la natura sia in grado di sequestrare”. Inoltre, “più di 200 bacini fluviali, dove vivono oltre 2,5 miliardi di persone, soffrono una grave scarsità d'acqua per almeno un mese ogni anno”. Con quasi un miliardo di persone che già soffrono la fame, il rapporto mostra come “il cambiamento climatico in sinergia con le modificazioni di uso del suolo, minaccia la biodiversità e potrebbe portare a ulteriori carenze alimentari”. Questo l’articolo che ho voluto riportare per intero. Nel nostro tempo si è aperta la “Questione etica” e la mancanza di questo aspetto fondamentale del vivere comune penso si la radice prima dei nostri mali e del dissesto compressivo che ci troviamo a vivere. Spero avremo modo di riparlarne presto. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

vogliamo parlare di etica? Ecco secondo me un buon inizio di dialogo, tra i tantissimi che potremmo scegliere, ben inteso. Leggo su un quotidiano: Se tutti gli abitanti della terra mantenessero il tenore di vita di un cittadino europeo medio “l'umanità avrebbe bisogno di 2,6 pianeti per sostenersi” e “2,6 pianeti è anche l'impronta ecologica dell'Italia”. Lo documenta Wwf nel suo ultimo rapporto internazionale, il Living Planet Report 2014. Per impronta ecologica si intende la misura dell'area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria a rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e ad assorbire i rifiuti prodotti. Il rapporto dell'associazione “mostra che tutti i 27 stati dell'unione europea vivono oltre i livelli di 'un pianeta' e fanno inoltre pesantemente affidamento sulle risorse naturali di altri paesi". L'impronta di carbonio dell'Europa, poi, “costituisce quasi il 50% della sua impronta ecologica totale, a causa dell'uso di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas naturale”. Insomma, in un mondo sempre più instabile socialmente e politicamente “il nostro deficit ecologico non fa che aumentare costantemente”, con ciò “conducendo l'umanità pericolosamente ai limiti del suo spazio vitale”.

Ma non è tutto: le popolazioni di numerose specie di animali vertebrati in natura, afferma il Living Planet Report, “si sono più che dimezzate in soli 40 anni” e l'associazione sottolinea come “il continuo declino della natura rafforza la necessità di trovare soluzioni sostenibili per curare il pianeta”. “Le popolazioni di pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili”, continua il rapporto, “sono diminuite del 52% dal 1970”. Le specie di acqua dolce hanno sofferto “un declino del 72%, una perdita quasi doppia rispetto alle specie terrestri e marine”. La maggioranza di queste perdite provengono dalle regioni tropicali in particolare dell'America latina.

Secondo il Living Planet Report, poi, “la domanda di risorse naturali dell'umanità è oltre il 50% più grande di ciò che i sistemi naturali sono in grado di rigenerare”. Sarebbero quindi “necessarie una terra e mezza per produrre le risorse necessarie per sostenere la nostra attuale impronta ecologica”. Questo superamento globale significa, in pratica, che “stiamo tagliando legname più rapidamente di quanto gli alberi riescano a ricrescere, pompiamo acqua dolce più velocemente di quanto le acque sotterranee riforniscano le fonti e rilasciamo Co2 più velocemente di quanto la natura sia in grado di sequestrare”. Inoltre, “più di 200 bacini fluviali, dove vivono oltre 2,5 miliardi di persone, soffrono una grave scarsità d'acqua per almeno un mese ogni anno”. Con quasi un miliardo di persone che già soffrono la fame, il rapporto mostra come “il cambiamento climatico in sinergia con le modificazioni di uso del suolo, minaccia la biodiversità e potrebbe portare a ulteriori carenze alimentari”.

Questo l’articolo che ho voluto riportare per intero. Nel nostro tempo si è aperta la “Questione etica” e la mancanza di questo aspetto fondamentale del vivere comune penso si la radice prima dei nostri mali e del dissesto compressivo che ci troviamo a vivere. Spero avremo modo di riparlarne presto.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Quante ce ne occorrono?.
"La terra ha abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, ma non abbastanza per soddisfare l’ingordigia di pochi." (Mahatma Gandhi)
04/10/2014: Anno 2014 - Numero 31  File Pdf
Pubblicato il 03/10/2014
Edwin Chota.
Edwin Chota.
Care amiche e amici, la popolazione indigena brasiliana dei Ka'apor ha deciso di combattere il taglio abusivo degli alberi della foresta amazzonica nella regione dell'Alto Turiaçu. I manifestanti, che accusano lo Stato di non intervenire in difesa dell'Amazzonia, hanno protestato con incendi di tende, sequestri di motoseghe e veicoli, cacciando gli occupanti delle zone interessate. Nella seconda foto è ritratto Edwin Chota, leader del movimento a favore dell’Amazzonia, recentemente assassinato in un agguato. Queste persone lottano per la loro sopravvivenza, lottano anche per me, per l’ambiente che è un unico organismo, per la sopravvivenza del pianeta. Lottano non solo per l’ambiente, ma anche per mantenere vivo il senso dell’esistere, per dargli contenuto e futuro. Ribellarsi è giusto, è sano, è etico, è voce di dignità e di grande consapevolezza. Quando si è vessati e violentati da un sistema che è ormai apertamente contro l’uomo, contro l’etica della convivenza, solo a favore del profitto, del controllo e del potere, in una cecità assoluta riguardo non solo al rispetto e all’amore verso le creature, ma addirittura verso una sostenibilità della vita, che qualora infranta coinvolgerà tutti, compresi i generatori del disastro. Il mafioso a cui contestavano che con il suo operato di riversare veleni nell'ambiente avrebbe inquinato le falde acquifere, rispose che a lui non importava, intanto lui beveva solo acqua minerale … L’ignoranza ha sempre avuto medesima matrice di violenza e di sopruso nella storia del mondo, la stessa espressione di inconsapevolezza e di disprezzo verso tutto ciò che non sono io. Adesso però la novità è che queste persone grazie alle forze messe a disposizione dalla tecnica possono avere talmente tanta forza da poter portare il sistema globale ad un punto di disart-colazione e di distruzione dal quale non ci potrebbe essere ritorno. Adesso la razza umana ha davvero la possibilità di annientarsi. Per sempre. E il processo non è all’inizio, vediamo tutti che è avanzato, ed il pianeta è in affanno e si rivolta con sussulti, è soprattutto avanzato (ed è questa la causa scatenante) nel cuore di molti, un cuore, un rispetto, una sensibilità, un‘attenzione, un altruismo, un’etica, che non ci sono più. Ribellarsi è giusto, e anche pericoloso come vediamo nella storia di Edwin e di tantissimi altri. Sono stai assassinati come lui Gandi, Luter King, Bonhoeffer … e non solo questi nomi molto noti ma sono centinaia le persone che si sono sacrificate. E questo accade oggi. Il sistema di potere si protegge in modi diversi, confondendo le coscienze, mentendo, imprigionando, minacciando, impaurendo e uccidendo. In questo modo cerca di sopravvivere, ma non potrà cancellare la natura dell’umano che non è di odio e di violenza, ma di amore e fratellanza guidata da forze che non possono essere taciute. L’erba rinasce sempre ed è eterna. Lascio a questo scritto Bahá'í, il messaggio di speranza per un domani migliore e di impegno personale : “La Grande Pace verso cui gli uomini di buona volontà hanno lungo l’arco dei secoli teso i loro cuori, la cui visione ha infiammato i veggenti e i poeti di innumerevoli generazioni e di cui le sacre scritture dell’umanità hanno costantemente, èra dopo èra, tenuto salda la promessa, è ora finalmente alla portata delle nazioni. Per la prima volta nella storia è per tutti possibile considerare l’intero pianeta, con le miriadi di genti così diverse, in un’unica visuale. La pace mondiale non solo è possibile, è inevitabile. Essa è lo stadio successivo nell’evoluzione del nostro pianeta: secondo l’espressione di un grande pensatore, «la planetizzazione dell’umanità»”. Da "La Promessa della Pace Mondiale", Bahá'í International Community. Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

la popolazione indigena brasiliana dei Ka'apor ha deciso di combattere il taglio abusivo degli alberi della foresta amazzonica nella regione dell'Alto Turiaçu. I manifestanti, che accusano lo Stato di non intervenire in difesa dell'Amazzonia, hanno protestato con incendi di tende, sequestri di motoseghe e veicoli, cacciando gli occupanti delle zone interessate.

Nella seconda foto è ritratto Edwin Chota, leader del movimento a favore dell’Amazzonia, recentemente assassinato in un agguato.

Queste persone lottano per la loro sopravvivenza, lottano anche per me, per l’ambiente che è un unico organismo, per la sopravvivenza del pianeta. Lottano non solo per l’ambiente, ma anche per mantenere vivo il senso dell’esistere, per dargli contenuto e futuro.

Ribellarsi è giusto, è sano, è etico, è voce di dignità e di grande consapevolezza. Quando si è vessati e violentati da un sistema che è ormai apertamente contro l’uomo, contro l’etica della convivenza, solo a favore del profitto, del controllo e del potere, in una cecità assoluta riguardo non solo al rispetto e all’amore verso le creature, ma addirittura verso una sostenibilità della vita, che qualora infranta coinvolgerà tutti, compresi i generatori del disastro. Il mafioso a cui contestavano che con il suo operato di riversare veleni nell'ambiente avrebbe inquinato le falde acquifere, rispose che a lui non importava, intanto lui beveva solo acqua minerale …

L’ignoranza ha sempre avuto medesima matrice di violenza e di sopruso nella storia del mondo, la stessa espressione di inconsapevolezza e di disprezzo verso tutto ciò che non sono io. Adesso però la novità è che queste persone grazie alle forze messe a disposizione dalla tecnica possono avere talmente tanta forza da poter portare il sistema globale ad un punto di disart-colazione e di distruzione dal quale non ci potrebbe essere ritorno. Adesso la razza umana ha davvero la possibilità di annientarsi. Per sempre. E il processo non è all’inizio, vediamo tutti che è avanzato, ed il pianeta è in affanno e si rivolta con sussulti, è soprattutto avanzato (ed è questa la causa scatenante) nel cuore di molti, un cuore, un rispetto, una sensibilità, un‘attenzione, un altruismo, un’etica, che non ci sono più.

Ribellarsi è giusto, e anche pericoloso come vediamo nella storia di Edwin e di tantissimi altri. Sono stai assassinati come lui Gandi, Luter King, Bonhoeffer … e non solo questi nomi molto noti ma sono centinaia le persone che si sono sacrificate. E questo accade oggi. Il sistema di potere si protegge in modi diversi, confondendo le coscienze, mentendo, imprigionando, minacciando, impaurendo e uccidendo. In questo modo cerca di sopravvivere, ma non potrà cancellare la natura dell’umano che non è di odio e di violenza, ma di amore e fratellanza guidata da forze che non possono essere taciute. L’erba rinasce sempre ed è eterna.

Lascio a questo scritto Bahá'í, il messaggio di speranza per un domani migliore e di impegno personale :

“La Grande Pace verso cui gli uomini di buona volontà hanno lungo l’arco dei secoli teso i loro cuori, la cui visione ha infiammato i veggenti e i poeti di innumerevoli generazioni e di cui le sacre scritture dell’umanità hanno costantemente, èra dopo èra, tenuto salda la promessa, è ora finalmente alla portata delle nazioni. Per la prima volta nella storia è per tutti possibile considerare l’intero pianeta, con le miriadi di genti così diverse, in un’unica visuale. La pace mondiale non solo è possibile, è inevitabile. Essa è lo stadio successivo nell’evoluzione del nostro pianeta: secondo l’espressione di un grande pensatore, «la planetizzazione dell’umanità»”.

Da "La Promessa della Pace Mondiale", Bahá'í International Community.

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Edwin Chota. (Foto: La Repubblica)
"Non chiamare Amore la somma dei tuoi ragionamenti e processi razionali, Se non ti sconvolge, non ti confonde, se non ti fa perdere il Lume oscuro della Ragione, Non chiamarlo Amore." (A.K.Hansen)
27/09/2014: Anno 2014 - Numero 30  File Pdf
Pubblicato il 26/09/2014
Kangchenjunga.
Kangchenjunga.
Care amiche e amici, ho conosciuto Marco Camandona ad un convegno a Ceresole, un paesino del parco del Gran Paradiso. Una persona molto dimessa, lo potevi scambiare per il garzone che porta il pane al negozio. E’ una guida alpina. Occhi vivi, modi schivi, sorriso dolce, niente presunzione. E’ uno degli ottomila. Si chiamano così gli alpinisti che hanno al loro attivo scalate su cime superiori agli ottomila metri. Quella sera presentava la spedizione sul Kangchenjunga. Non conoscevo neppure il nome di questa montagna, appartiene alla catena dell’Himalaya ed è la terza vetta più lata del mondo. Dopo aver montato lui stesso il proiettore nella sala alla presenza di più di 200 persone ha iniziato la presentazione delle diapositive. Raccontava che era stato sull’Everest e il K2 ma sul Kangchenjunga aveva avuto davvero paura. La spedizione è durata due mesi, arrivo in aereo a Katmandu, poi due giorni di fuoristrada per raggiungere un sentiero da fare a piedi per 10 giorni con 100 sherpa con un carico di 30 kg ciascuno. Tre tonnellate di materiale. Poi arrivo all’ultimo villaggio abitato. Si prosegue altri giorni fino al campo base a 5200 metri. Quella sarà la casa del riposo della spedizione (ad una quota superiore alla cima del Monte Bianco). Tende singole, cibo caldo. Tenda toilette. La tenda mensa per un disguido è arrivata con 10 giorni di ritardo e fino allora hanno cenato all’hotel mille stelle. Lì si sta proprio bene, certo alle volte ti svegli con la tenda sommersa dalla neve portata dalla tormenta della notte, ma c’è il caffè e non ci sono problemi. Per gli altri campi in quota il discorso cambia. Uno a 6000, poi a 6600 e quello a 7200 prima del salto verso la vetta che è a 8.598 metri. Senza ossigeno, 35 gradi sotto zero e venti che possono superare i 120 km all’ora. Marco aveva paura perché un dislivello di 1300 metri a quella altitudine da fare in un giorno, andata e ritorno, non si verifica su nessuna montagna, nemmeno sull’Everest, ma lì non ci sono alternative, non è possibile piantare una tenda da un metro quadro come quella del campo 4. E la montagna ne ha portati via molti, non nella sua spedizione per fortuna, ma in un altro gruppo di spedizione dove avevano le bombole di ossigeno tre persone purtroppo non sono più tornate da quota 8000. E lì non ci sono spedizioni di soccorso o di recupero. Se non riesci a tornare con le tue gambe la cattedrale gotica di 8000 metri è la tua casa e lì rimani. Dice Marco “Siamo in quattro compagni nella spedizione ma ognuno è solo e può contare solo su di sé”. Dopo la conferenza l’ho avvicinato per ascoltare ulteriori commenti. Ho visto le sue mani e gli ho chiesto delle tre dita mancanti, la sua risposta è stata una parola: “K2”, congelate nella spedizione precedente, ma come potevo vedere non era stata sufficiente a fermarlo. E così un suo compagno di scalata, dalle diapositive avevo visto che gli mancavano tutte le dita dei piedi (Annapurna - Tibet) e anche lui era con Marco in cima, alla fine. Quando sei disposto a perdere la vita in ogni istante, rinunciare a poche falangi congelate non è un problema bloccante. Mi ha fatto pensare alla mia ricerca di vivere il momento presente. E così di seguito, racconti di cose che non potevo immaginare nemmeno sforzandomi. La determinazione come fattore assoluto, il raggiungere il proprio limite e superarlo per poter vivere e sopravvivere. Lì non sai cosa possa accaderti l’attimo dopo, e io prendevo appunti per non dimenticare. Mentre raccontava mi è venuta in mente una piccola farfallina gialla che avevo trovato la mattina prima mezza sommersa in una pozzanghera profonda non più di un centimetro, su un sentiero. Nell’acqua non poteva più muoversi, era con le ali aperte, come in croce. L’ho raccolta con un dito e mi si è aggrappata con forza con le zampe fini come capelli. Era viva. Non lasciava la salvezza. L’ho deposta poi su un piccolo sasso e lì ha cominciato ad asciugarsi le ali alla brezza. Ho proseguito il mio cammino che ancora non aveva ripreso a volare. Alle volte quando sei proprio nei guai puoi trovare un aiuto, è un momento bello, ma poi si riparte e ce la farai da solo. Come deve essere. http://www.camandonamarco.com/public/uploads/documenti/kanje_presentazione.pdf Grazie a tutti. Marco [Leggi]
Care amiche e amici,

ho conosciuto Marco Camandona ad un convegno a Ceresole, un paesino del parco del Gran Paradiso.

Una persona molto dimessa, lo potevi scambiare per il garzone che porta il pane al negozio. E’ una guida alpina. Occhi vivi, modi schivi, sorriso dolce, niente presunzione. E’ uno degli ottomila. Si chiamano così gli alpinisti che hanno al loro attivo scalate su cime superiori agli ottomila metri. Quella sera presentava la spedizione sul Kangchenjunga. Non conoscevo neppure il nome di questa montagna, appartiene alla catena dell’Himalaya ed è la terza vetta più lata del mondo.

Dopo aver montato lui stesso il proiettore nella sala alla presenza di più di 200 persone ha iniziato la presentazione delle diapositive. Raccontava che era stato sull’Everest e il K2 ma sul Kangchenjunga aveva avuto davvero paura. La spedizione è durata due mesi, arrivo in aereo a Katmandu, poi due giorni di fuoristrada per raggiungere un sentiero da fare a piedi per 10 giorni con 100 sherpa con un carico di 30 kg ciascuno. Tre tonnellate di materiale. Poi arrivo all’ultimo villaggio abitato. Si prosegue altri giorni fino al campo base a 5200 metri. Quella sarà la casa del riposo della spedizione (ad una quota superiore alla cima del Monte Bianco). Tende singole, cibo caldo. Tenda toilette. La tenda mensa per un disguido è arrivata con 10 giorni di ritardo e fino allora hanno cenato all’hotel mille stelle. Lì si sta proprio bene, certo alle volte ti svegli con la tenda sommersa dalla neve portata dalla tormenta della notte, ma c’è il caffè e non ci sono problemi. Per gli altri campi in quota il discorso cambia. Uno a 6000, poi a 6600 e quello a 7200 prima del salto verso la vetta che è a 8.598 metri. Senza ossigeno, 35 gradi sotto zero e venti che possono superare i 120 km all’ora. Marco aveva paura perché un dislivello di 1300 metri a quella altitudine da fare in un giorno, andata e ritorno, non si verifica su nessuna montagna, nemmeno sull’Everest, ma lì non ci sono alternative, non è possibile piantare una tenda da un metro quadro come quella del campo 4. E la montagna ne ha portati via molti, non nella sua spedizione per fortuna, ma in un altro gruppo di spedizione dove avevano le bombole di ossigeno tre persone purtroppo non sono più tornate da quota 8000. E lì non ci sono spedizioni di soccorso o di recupero. Se non riesci a tornare con le tue gambe la cattedrale gotica di 8000 metri è la tua casa e lì rimani. Dice Marco “Siamo in quattro compagni nella spedizione ma ognuno è solo e può contare solo su di sé”.

Dopo la conferenza l’ho avvicinato per ascoltare ulteriori commenti. Ho visto le sue mani e gli ho chiesto delle tre dita mancanti, la sua risposta è stata una parola: “K2”, congelate nella spedizione precedente, ma come potevo vedere non era stata sufficiente a fermarlo. E così un suo compagno di scalata, dalle diapositive avevo visto che gli mancavano tutte le dita dei piedi (Annapurna - Tibet) e anche lui era con Marco in cima, alla fine. Quando sei disposto a perdere la vita in ogni istante, rinunciare a poche falangi congelate non è un problema bloccante. Mi ha fatto pensare alla mia ricerca di vivere il momento presente.

E così di seguito, racconti di cose che non potevo immaginare nemmeno sforzandomi. La determinazione come fattore assoluto, il raggiungere il proprio limite e superarlo per poter vivere e sopravvivere. Lì non sai cosa possa accaderti l’attimo dopo, e io prendevo appunti per non dimenticare.

Mentre raccontava mi è venuta in mente una piccola farfallina gialla che avevo trovato la mattina prima mezza sommersa in una pozzanghera profonda non più di un centimetro, su un sentiero. Nell’acqua non poteva più muoversi, era con le ali aperte, come in croce. L’ho raccolta con un dito e mi si è aggrappata con forza con le zampe fini come capelli. Era viva. Non lasciava la salvezza. L’ho deposta poi su un piccolo sasso e lì ha cominciato ad asciugarsi le ali alla brezza. Ho proseguito il mio cammino che ancora non aveva ripreso a volare. Alle volte quando sei proprio nei guai puoi trovare un aiuto, è un momento bello, ma poi si riparte e ce la farai da solo. Come deve essere.

http://www.camandonamarco.com/public/uploads/documenti/kanje_presentazione.pdf

Grazie a tutti.

Marco [Chiudi]
Kangchenjunga. (Foto: Marco Camandona)
"Chi insegnasse agli uomini a morire, insegnerebbe loro a vivere." (Michel de Montaigne)
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Versione: 1.5
Rilasciata il: 06/02/2014
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